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Il Calendario Gregoriano -2

Il calendario gregoriano
 
Papa Gregorio XIII introdusse il moderno calendario esattamente 400 anni fa per correggere l'errore del calendario giuliano, che stava via via accumulandosi e, soprattutto, per mantenere la Pasqua in primavera
 L’eliminazione di dieci giorni non era una necessità astronomica. La data dell'equinozio di primavera avrebbe po­tuto benissimo restare all'11 marzo. Il problema vero era quello di impedire che,  qualsiasi data fosse stata scelta, continuasse a spostarsi. In che modo, dunque, II piano promulgato da papa Gregorio riuscì a mantenere tale data più o meno attorno al 21 marzo? È questo l'interrogativo tecnico centrale che ci si deve porre in relazione alla riforma del calendario. Benché la preoccupazione principale del­la commissione di Gregorio XIII fosse quella di non far slittare la data della Pasqua, l’obiettivo non poteva essere conseguito finché non fosse stata stabilizzata la data dell'equinozio di primavera.
Si può pensare che nel 1582 non sareb­be stata introdotta la riforma del calenda­rio se non fosse stata in gioco la celebra­zione della Pasqua. L'errore di circa 11 giorni che era andato accumulandosi nel calendario giuliano fra l'epoca del Conci­lio di Nicea e il 1582 non era ancora un divario così grande da manifestarsi in una differenza apprezzabile fra i giorni del calendario e le stagioni. Di fatto se si fosse continuato a usare il calendario giuliano fino a oggi, il suo errore sarebbe stato di due settimane circa,  un errore non abbastanza grande da essere percepito nell’emisfero settentrionale come uno spostamento come uno spostamento delle date calendariali della primavera verso l’estate.
L’errore era invece molto grande in relazione alla Pasqua, poiché la celebrazione di questa festa dipende da una data fissa dell’equinozio di primavera.
La costante regressione della data degli equinozi era quasi per intero una conseguenza della differenza iniziale fra la durata dell’anno tropico.
Su consiglio del dotto alessandrino Sosigene, Giulio Cesare nell’istituire nel 45 a. C. il calendario giuliano, stabilì che ogni anno comune comprendesse 365 giorni. Il giorno intercalare veniva aggiunto in origine subito prima del 25 febbraio, "che era noto come ante diem séxto Calendas Martias, il sesto giorno prima delle calende di marzo. Il giorno intercalare era chiamato perciò bis sexto [bisesto, ossia il secondo sesto] Kalendas Martias, da cui il termine bisestile, usato ancor oggi per l'anno in cui è inserito il giorno intercalare. Nella riforma gregoriana il giorno intercalare fu spostato all'ultimo giorno di febbraio.
All’epoca dell'inizio del calendario giu­liano, la durata dell'anno tropico non era ancora una quantità ben stabilita, almeno non fra gli astronomi occidentali. Il suggerimento di Sosigene di introdurre un giorno intercalare ogni quattro anni forniva un anno calendariale medio di 365,25 giorni. Nel 45 a. C. però, la durata dell’anno tropico era di circa 365,24232 giorni, ossia di circa 11 minuti e quattro  secondi inferiore all’anno giuliano. Questa discordanza inizialmente piccola, si accumulò finchè la differenza non fu più di minuti, ma di giorni. Fu allora che l'errore cominciò a rivelarsi come una graduale regressione delle date degli equino­zi e dei solstizi. L'accumularsi dell'errore nel calendario giuliano fu accelerato dalla graduale diminuzione della durata dell'anno tropico un fenomeno sistematicamente ignorato dai dotti - anche astronomi - che si  occupavano degli aspetti tecnici del calendario. La diminuzione segue una progressione geometrica di cui si deve tener conto nel calcolare la precisione di un calendario solare. Se il divario iniziale fra il calendario giuliano e il Sole medio fosse rimasto di 11 minuti e 4 secondi (ossia se il calendario avesse guadagnato rispetto al Sole una durata di tempo costante ogni anno),   l'errore   avrebbe   raggiunto  un giorno solare medio in poco più di 130 anni. Lo spostamento si sarebbe manifestato quindi come l'anticipo di un giorno di calendario della data d'inizio dell'equinozio di primavera ogni 130 anni. In realtà, però, la regressione delle date degli  equinozi e dei solstizi era stata più rapida. Al tempo della riforma gregoriana, il calendario era in errore rispetto al Sole medio di circa un giorno ogni 128,5 anni.
La diminuzione della durata dell'anno diventa progressivamente più  significativa in funzione del tempo. Questa una delle circostanze che Impediscono di elaborare un calendario perfetto. La ragione principale, però, come sottolineò Clavio, è che un calendario destinato all’uso civile deve fornire un numero di giorni intero, mentre l'anno tropico ha una componente frazionaria complessa, riassumendo in termini di aritmetica banale : un valore frazionario non può mai essere espresso come un numero intero.  Un calendario solare può solo approssimarsi alla durata dell'anno tropico; della parte frazionaria si tiene conto mediante l’inserimento periodico nel calendario giorni intercalare. Quanto più tale intercalazione si avvicina alla parte frazionaria dell’anno tropico, tanto maggiore sarà l’efficacia del calendario nel conservare l’equinozio di primavera alla stessa data per un periodo di tempo esteso.
. . .  continua . . .