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La Storia di Tano - parte decima

Parte decima

.. continua
“GUARDA AD ORIENTE DAL PUNTO PIÙ ALTO E VEDRAI ARRE’T”.
 TANO si alza e con stupore, rivolgendosi a TARCONIO: “strano caro amico mio, capisco poco o niente di questa frase. Come dicono i terrestri…. è sibillina!, non si capisce. TARCONIO: “sarà… ma dobbiamo decifrarla per salvare ZIRA. Ora sarà meglio mangiare qualcosa e riposare. Questa gente mi sembra molto ospitale”.  Difatti, alla sera, il capo dei mietitori invita i due ed alla fine pronuncia un detto locale: 'Nta casa ‘e du pezzenti nun mancunu mai tozzi ‘e pani” (in casa di pezzenti non manca mai un tozzo di pane). Quindi prendono parte alla festa del grano mangiando, bevendo, cantando e ballando. I due, ben accolti, si integrano nel gruppo come se ci fossero sempre stati e divertendosi un sacco. L’indomani, dopo un lungo sonno si svegliano e si accorgono che la gente del giorno prima, come d’incanto, è sparita con il grano raccolto. A TANO intanto rimane fissa nella mente quella frase, come se l’avesse sempre sentita, ma non riesce ancora a capirne il significato. TARCONIO come se leggesse nella mente di TANO, rivolgendosi a lui: “Bhe! almeno una cosa siamo riuscita a capirla… POL’CAVUNU significa “tanti covoni di grano”.
E TANO: “magra soddisfazione!”  I due s’incamminano e dopo un lungo cammino a piedi per i campi e lunghe distese di olivi secolari arrivano, verso sera, nel secondo posto nominato dall’ombra della caverna: “RAGAPEDE”. All’improvviso un forte acquazzone li investe in pieno e non avendo possibilità di riparo proseguono. Il terreno diventa fangoso ed i piedi ricoperti da quella melma diventano sempre più pesanti, rendendo ancora più difficile il cammino. Quasi non riescono più a muoversi. Ma comunque con grande sforzo riescono a raggiungere il crinale di una collina.  Forse per la stanchezza, forse per quel fango attaccato sopra e sotto i piedi, ad un tratto TANO perde l’equilibrio. TARCONIO se ne accorge e muovendosi per aiutarlo perde l’equilibrio anche lui e scivolano entrambi lungo tutto il pendio della collina. Che scena comica! Come se fossero in una giostra girano su se stessi, rotolano. Ad un certo punto diventano come due palle di fango che vengono giù, senza avere modo di arrestarsi, lungo il pendio.  Al termine di quella lunga discesa li arresta un grosso macigno: TANO batte violentemente la testa, TARCONIO batte la schiena. Ambedue, sfiniti, non tentano nemmeno di alzarsi. Intanto la pioggia ha termine e TANO e TARCONIO si addormentano profondamente. E’ l’alba. Lentamente i due aprono gli occhi ed a pochissima distanza da loro vedono, incisa sulla roccia, che la sera prima ha fermato la caduta dei due, un’altra strana frase:
 “IL BUIO DEL LABIRINTO  ED UNA PAROLA DI GUERRA SARANNO LA TUA GUIDA”
 TANO: “ecco, questo è il secondo enigma, diventa tutto sempre più complicato! Se ci fosse SYCRO NIP, magari ci darebbe una mano. Ma tant’è, dobbiamo capirlo da noi”.  E TARCONIO: “Mah! L’unica cosa che riesco a capire e che non scorderò mai è che RAGAPEDE può significare solo una cosa: in dialetto RAGA significa trasportare e PEDE significa piede, per cui è il piede che appesantito dal fango ti trasporta o ti affossa”. “Già – risponde TANO – è difficile da dimenticare la botta che ho ricevuto in testa e se l’avessimo saputo prima saremmo stati più cauti”. Così dicendo si rimettono in cammino verso la terza località: u VOSC’C ‘E LAOS. E’ tutto un salire per le colline del territorio di Cirò attraversando diverse località dai nomi più strani: Serra della campana, Santopole, I monumenti, Carroccella, Donna Rosa. Infine dopo tanto peregrinare TANO e TARCONIO raggiungono una strada. Oltre inizia un bosco: u VOSC’C ‘E LAOS“Chissà cosa ci aspetta in questo posto – dice TANO – mi dà i brividi!”  E TARCONIO: “non devi aver paura della natura, altri sono quelli di cui aver paura, ad esempio TAX-O, ma ancora non è un problema per noi. E poi, sai come dicono qui: Mali non fari, paura non aviri (Se non fai del male non devi aver paura). Sappi comunque che qui dovrebbe esserci un lago, perché LAOS potrebbe significare appunto lago. Forse è quella la terza nostra meta”. Così dicendo proseguono tra alti alberi ed una vegetazione molto fitta. Dopo poco compare  un piccolo laghetto. L’aria è immota e la superficie dell’acqua è uno specchio che riflette gli alberi ed il cielo, di un azzurro intenso. Timidamente TANO  e TARCONIO si avvicinano al margine del laghetto. La loro immagine si riflette nitida sul pelo dell’acqua, si vede distintamente persino il fondo. Rimangono così per un po’, aspettando qualche segnale che possa dare una indicazione. TARCONIO rompe il silenzio dicendo: “stiamo guardando la nostra immagine ma lo specchio è simbolo di apparenza e vanità, probabilmente bisogna guardare in profondità, senza lasciarsi ingannare da quello che appare all’improvviso”.  Ad un tratto TANO si accorge che sul fondo ci sono delle pietre. “Ci sono!! – esclama – le pietre formano un’altra frase, un altro enigma”. E legge:  
“INTERPRETA AL CONTRARIO CIO’ CHE A TANTI APPARE CHIARO”
Continua