Cucina Contadina

Arte Culinaria Cirotana

L'ARTE CULINARIA CIROTANA

Il lavoro pubblicato è stato curato da Saverio De Bartolo autore del libro KakoVIA ( S.i.p. Ferrara 2004). Un libro dal quale è tratto il lavoro ed in cui
sono raccolte le espressioni e le parole in dialetto cirotano, in un viaggio a ritroso nel tempo in un mondo contadino di cui l'autore rievoca la civiltà
primitiva autentica e solidale.
 
(il pane il vino e l'olio profumato
il pepe la salsiccia e la sardella ...)
Varietà della cucina contadina
La cucina contadina è basata soprattutto sui prodotti dell'orto, sui legumi, su prodotti selvatici raccolti nei campi e nei boschi. Sulla carne del maiale e del pollo, in misura minore colombi e selvaggina. Tutto improntato all'auto produzione. Poche le cose comprate: le carni soprattutto, di capra e capretto, pecora e agnello, castrato, carne bovina raramente.
Nell'orto primeggiano pomodori, melanzane, peperoni, patate, cipolle, zucchine, i finocchi, la lattuga, le catalogne, le verze, i cavoli, i broccoli.
Pomodori, melanzane e peperoni hanno una molteplicità d'uso notevole: sono impiegati in cucina come prodotti freschi per pietanze gustose ed elaborate. E poi: i pomodori vengono seccati al sole e conservati, le melanzane vengono conservate a schipeci, i peperoni salati o all'ocitu, in aceto interi, mpurnati, infornati e poi macinati per fare u pipu russu.
I legumi principali fagioli, ceci, fave: grande varietà di preparazioni, tra cui primeggia la cottura nta pignata.
Tra i prodotti selvatici molto stimati sono: i cipuddizzi, cipollette selvatiche, a vurraina, la borragine, i taddi e lassini, i talli di un'erba di cui non conosco il nome, i cicorii, la cicoria. Per altri versi i juri e maiu, i fiori di sambuco. Altri generi sono i taratufuli, i tartufi e i funci, i funghi dei boschi.  I frutti di piante selvatiche quali l'amur'e ruvettu, le more di rovo, a mortidda, i mirtilli, i caricacummiri, i corbezzoli, i surivi, le sorbe.
Le olive assumono molta importanza: oltre all'olio, si fanno le olive ara cavucia, le olive in salamoia, poi olivi scacciati, schiacciati, olivi mpurnati, infornati, olivi napulitani dolci da friggere o ammortati, seccati al sole.
L’uva è sempre stata una grande risorsa: oltre al vino pregiato, il Ciro’, l’uva viene impiegata per fare a mostarda, marmellata di uva, u vinu cottu, il mosto cotto, l’uva sotto spirito, l’uva greco: i tralci, staccati dalla vite con i grappoli, appesi ad una pertica in cantina in attesa che l’uva diventi dolce e mangiabile.
Ci sono anche i fichi, quelli freschi i botti, fichi fioroni, da mangiare appena raccolti, le varietà virdeddi, citrulari, ronati, i fichi seccati al sole che diventano zuccherati, e quelli infornati. Molto note i crucetti, le crocette con le noci.
Il pesce ha una certa importanza, i più noti sono: sarde, sardine, alici, catamascia, meriluzzi, papotuli, caniceddi, pisciu vaccu, u bianchettu. Prevale il pesce a più basso costo, salvo le occasioni di festa col merluzzo fritto o in umido. Al bianchetto viene dato un alto valore, sia per la difficoltà di averlo sia per la salatura a sardedda col pepe rosso. La sarda viene trattata con sale e poi col pepe rosso per ottenere sardi saliprisi e sardi salati.
Le pietanze più note
Ciciri, favi, fagioli ara pignata:
i tagghiarini e ciciri
i cannarozzeddi e fagioli
i favi fratti ccu l’ogghiu e olivu
i spachetti sminuzzati ccu ri favi fratti
u panicottu ccu l'ogghju
a nsalata e pimmadori ccu l'ogghju e ru righinu
pipi e petati
pipi e pisci
pipi e olivi
a catamascia friuta ccuru pipu russu
u bianchettu friscu ccu ru limmunu, o friutu ccuru pipu russu
i sardi e ra sardedda friuti ccu ru pipu russu
i sardi saliprisi e ri sardi salati ccu ru pipu russu
l’alici arriganati
u morzeddu ccu ra sardedda, ccu ri sardi salati, pipu e ogghju, ecc.
i fresi e ri friseddi, vagnati, ccu l'ogghiu i pimmodori e ru righinu
i vrogni, pipi russi sani sani salati, po' friuti
a pitta ccu maiu,
a pitta ccu risimugghj
a cucuzza longa
i juri e cocuzza
i cucuzzeddi
i taddi e cucuzza
i cipuddizzi ccu ru pipu russu
i fogghj
i fogghj ccu ri favi fratti, ccu ra suraca
i corchiuli e favi frischi (a savuza)
i maccarruni a ferretti
a pasta chjna
i malanciani chini
i vrascioli e carna
i pruppetti e carna, e malanciani, e ricotta
I cipuddi e ri petati cotti nta cinnara du furnu
Alcune ricette contadine
A sauza (Corchiuli e favi ccu ra moddica)
E' una ricetta povera che si faceva, e ancora si fa, in estate quando si trovano le fave fresche. Nelle case contadine le fave si trovano sempre perché di solito nell'orto o nei campi c'è sempre posto per un pezzetto di terra coltivato a fave, quando per rotazione le fave non vengono seminate invece del grano per riposare la terra.
L'utilizzo delle bucce di fave risponde anche all'esigenza contadina di non sprecare niente di ciò che si produce sulla propria terra.
Le fave fresche si possono mangiare così come sono, sbucciate, fuori pasto, o a fine pasto in campagna o a casa, oppure sbucciate e cotte in umido come condimento per la pasta fatta in casa.
Per avere le bucce non legnose si scelgono le fave più tenere, si rifilano attorno con il coltello per eliminare la parte filamentosa. Le fave che si trovano all'interno si separano e vengono cotte separatamente. Le fave molto tenere con i baccelli molto piccoli si lasciano insieme alle bucce. Le bucce si lavano per eliminare eventuali residui di terra. Poi si mettono a cuocere in acqua all'ebollizione. Quando sono cotte si scolano per bene. Si mette poi una padella con olio di oliva sul fuoco e quando è caldo si mettono le bucce lessate con aglio a pezzetti, pepe rosso e sale. Si friggono fino a rosolatura mescolando, poi si aggiunge l'aceto in giusta misura, si fa sbollire quindi si aggiunge una sfarinata abbondante di mollica di pane, si mescola, si lascia cuocere. La mollica non deve proprio incrostarsi. Si serve a tavola quando è calda. Ma si può mangiare anche l'indomani con il buon sapore dell'aceto.
Favi fratti (Favi cotti ara pignata)
Le fave secche sbucciate cotte nella pignata (fratte) erano un piatto molto frequente sulla tavola delle famiglie contadine, come pure i fagioli e i ceci. La cottura nella pignata di terracotta era quella più frequente.
Il fuoco nel camino d'inverno era sempre acceso, era naturale utilizzare la cottura nella pignata anche se il tempo era molto lungo. Il controllo era anche facilitato dal fatto che la donna era sempre in casa e poteva ogni tanto versare un po' di acqua per tenerla a livello.
Le fave secche devono essere sbucciate, se non lo sono si mettono in acqua alla sera in modo che alla mattina si possono sbucciare.
Si mettono in pignata fino a metà poi si riempie di acqua fino al collo. Si aggiunge sale, cipolla e/o sedano e si lascia cuocere aggiungendo acqua calda fino a livello quando occorre, mescolare se no si attacca. Si deve ricordare che le fave sono cotte quando non ci sono più scaglie e si presenta come purè.
Quando sono cotte si mettono in una pentola e si condiscono con olio di oliva, pomodoro a pezzetti, se si preferisce prezzemolo o basilico, si lascia insaporire mescolando. Si mescola con la pasta cotta a parte. Meglio se tagliatelle fatte in casa (tagghiarini).
Le fave cotte si possono mangiare in altri modi, diciamo alla contadina, condite con solo olio di oliva come purè, con cipolla cotta al forno, con peperoni sottaceto fatti in casa, oppure a zuppa facendo il purè più liquido e versando su fette di pane di grano di qualche giorno.
Cipuddizzi (cipollette selvatiche)
Le cipollette vengono raccolte in campagna, in posti particolari. Spesso zappando emergono dalla terra e vengono raccolte, ripulite della terra e poste in un sacchetto. A casa si mondano accuratamente levando con la punta del coltello il primo velo rossastro pieno di terra. Si lavano con acqua abbondante per eliminare il liquido denso che fuoriesce. Se si vuole eliminare l'amarognolo si possono lasciare in acqua per qualche ora. Si mettono a bollire in acqua abbondante, sempre per eliminare l'amaro. Si scolano si asciugano e si mettono a friggere in olio abbondante con aglio, alloro, sale e pepe rosso. Si lasciano cuocere fino a rosolare, si levano dal fuoco, si scola l'olio eccedente. Si mangiano come companatico, come secondo piatto dopo la minestra, come contorno stimolante.
Cicoria e fagioli (I cicorii ccu ra suraca)
La cicoria si raccoglie nei prati. E' un'erba piantata per terra saldamente con radice lunga e tenace, a raccoglierla ci vuole un coltello a punta per tagliare la radice. Si pulisce sul posto dalla terra e dalle foglie secche. Si porta a casa generalmente costipata in un sacchetto di juta.
A casa si pulisce di nuovo, si lava in acqua abbondante, si cuoce in una pentola con poca acqua con aggiunta di un poco di bicarbonato. Si lascia bollire fino a cottura, si scola tenendo l'acqua di cottura che conserva i sali minerali.
A parte si cuociono i fagioli. Si predispone una teglia con olio di oliva e tre spicchi di aglio, si scalda sul fuoco fino a rosolare l'aglio, si aggiungono i fagioli e la verdura, si mescola per un tempo sufficiente a insaporire il tutto aggiungendo l'acqua di cottura per mantenere fluido il tutto. Si spolvera con pepe rosso a piacere.
Si serve a tavola ancora caldo.
I pruppetti (Le polpette)
Le polpette di carne
Le polpette si preparano con la carne di manzo in fettine, tritate con la mannaia sul tagliere di legno. Si mescola la carne con prezzemolo, aglio schiacciato nel mortaio, mollica di pane ottenuta mettendo del pane raffermo in acqua per farlo rinvenire poi strizzato. L'impasto ottenuto si riduce in polpette le quali vengono fritte in padella con olio di oliva.
Le polpette in umido si preparano mettendo le polpette già cotte in olio in un sugo composto da olio pomodoro aglio prezzemolo peperoncino, portato in temperatura e facendole cuocere per il tempo necessario a insaporire.
Pruppetti e malanciani
Si spaccano le melanzane in due, si lessano in una pentola oppure si mettono in forno a 180 gradi, 15 minuti. Si verifica la cottura, si levano dal forno, si lasciano raffreddare, si tira via la buccia, si trita tutto finemente, si aggiunge uno spicchio d'aglio e il prezzemolo finemente tritati. In una ciotola, con un uovo, formaggio grattugiato, pepe nero, pan grattato, si mescola il tutto, si fanno le polpette in forma ovoidale, si friggono in abbondante olio d'oliva bollente.
Pruppetti e ricotta
Stesso metodo usato per melanzane e carne, sia per la polpetta fritta sia in umido. Ovviamente si mette la ricotta fresca al posto della polpa di melanzane.
I cavateddi
I cavatelli sono fatti con la farina di grano duro impastata con acqua e lievito.  Dopo la lievitazione la pasta viene sfilata, tagliata a pezzettini, pressati sul setaccio fatto di cannuccia col pollice per dargli la cavità giusta. Si lasciano asciugare in ambiente secco. Le ricette di preparazione delle pietanze sono molteplici, le più comuni: al ragù di carne, con le cime di rapa.
I cavatelli al sugo delle polpette (I cavateddi ccu ru sucu di gruppetti)
Con le polpette fritte passate in umido col pomodoro si fa il sugo, col quale si possono condire i cavatelli. Nella quantità voluta i cavatelli si lasciano cuocere in acqua bollente, si scolano e si condiscono col sugo delle polpette, pepe nero pestato nel mortaio e formaggio pecorino. I cavatelli sono il primo piatto, le polpette sono il secondo. Si beve un buon bicchiere di Cirò.
A pitta ccu maiu
I juri e maiu (I fiori di sambuco)
Si raccolgono in una cestella i bellissimi fiori bianchi quando gli alberi di sambuco a primavera si ammantano di fiori. I fiorellini bianchi si staccano dai gambi verdi e si mettono a maturare in olio d’oliva in vasetti di vetro. Raggiunta la colorazione gialla si possono già utilizzare per fare a pitta ccu maju.
Si prepara una pasta morbida con farina di grano e si fa lievitare coprendo per bene con un panno aderente, si lascia in riposo per un’ora o più in ambiente caldo senza correnti d'aria. La pasta così lievitata si mescola con l’olio che contiene i juri e maiu, si lavora con le mani per amalgamare e assorbire completamente l’olio fino ad ottenere la pasta liscia e morbida.
Si prepara una teglia nella quale si stende la pasta, si colloca in forno a 180 gradi, si lascia cuocere per 15 minuti, si sforna quando la pitta è rosata. Si mangia preferibilmente appena sfornata per gustarne il profumo e la fragranza.
Nelle case contadine dove non c’era il forno, si facevano le frittelle friggendo in olio d’oliva.
I pimmadori (I pomodori)
I pomodori sono l'elemento portante della gastronomia cirotana. Non ci sono ricette che non prevedano la presenza di pomodoro. L'uso del pomodoro va dal pomodoro tagliato a metà, cosparso di sale e mangiato col pane, all'insalata di pomodori conditi con olio di oliva e origano, alla salsa col basilico per condire la pasta, al ragù di carne di maiale per condire i maccheroni a ferretti poi spolverati col pecorino.
A sarza
La tradizione contadina si è perpetuata nel tempo perché tuttora le famiglie, da quelle contadine alle più agiate, nel periodo del pomodoro maturo, comprano casse di pomodori e preparano la salsa. E' una fioritura di fuochi in ogni angolo del paese. In una grossa caldaia si fanno bollire i pomodori, si passano per le macchinette per estrarre il sugo, il sugo si passa in pentola e sul fuoco si fa restringere, si passa infine nelle bottigliette di vetro. Una parte dei pomodori vengono pelati e messi in vasetti.
In caldaia le bottiglie piene di succo di pomodoro o di pelati si fanno bollire per il tempo necessario per la sterilizzazione. Per tutte le operazioni si impegna tutta la famiglia, anche se la direzione è delle donne.
La salsa di pomodoro non è soltanto il condimento della pasta, assume un significato che coinvolge i sentimenti di appartenenza alla famiglia, alla terra d’origine, di cui non si può fare a meno.
Una signora cirotana raccontava che un ufficiale dell'esercito, cirotano abitante a Roma, scendeva a Ciro’, comprava casse di pomodoro e la pregava di fargli la salsa. Una volta, in treno nello stesso scompartimento viaggiavano alcuni emigranti che tornavano in Germania. Uno di questi aveva una grossa valigia, pesantissima, che aveva collocato nel corridoio. Disse che era piena di bottiglie di salsa di pomodoro, perché a lui non piaceva la pasta scodata (scondita). I pomodori come dono: il contadino che incontra un amico o un parente, che non vede da tempo, dopo essersi rallegrato di averlo visto, raccoglie nell'orto i migliori pomodori e li regala in una cestella. Non c'è dono più gradito.
A gaddina (la gallina, il pollo)
Nei giorni di festa o di qualche ricorrenza nelle casa contadina si faceva la carne di pollo. Si sceglieva un galletto o una gallina tra quelle che razzolavano in cortile o davanti a casa e si procedeva. Tirare il collo alla gallina o al galletto era di solito compito della donna di casa, come del resto tutto ciò che attiene alla casa nelle famiglie contadine. Si trattava di torcere il collo alla povera bestia fino a spezzarlo oppure di tagliarlo di netto. Si cominciava col ricuperare il sangue dall'incisione del collo, poi si spennava fino all’ultima piuma, si passava sopra la fiamma per bruciare gli ultimi peli, si procedeva a svuotare il gozzo e lo stomaco, a ricuperare il fegatello le zampe e la testa, tagliare in due il busto e poi ridurre il tutto in pezzi.
Il sangue finiva fritto in una padellina e mangiato dai ragazzi, il fegatello le zampe e la testa finivano in una pignata di terracotta per fare brodo, il busto del pollo in pezzi veniva fritto in padella. Soltanto se c'era da curare qualche malato, l’intero pollo serviva per fare il brodo, o se qualcuno di famiglia aveva preso la purga.
I DOLCIUMI E LE FESTE
Nella tradizione contadina le feste si rispettavano anche con i dolci. Ogni festa aveva il suo dolce caratteristico.
u mucceddatu e San Giuseppe
Ciambella di pasta dolce fatta per voto alla festa di San Giuseppe il 19 marzo. La famiglia che faceva il voto preparava i mucceddati al forno a legna, poi li distribuiva alla festa sulla porta della chiesa.
i tiraddi e Santu Catavudu
I taralli di San Cataldo. La festa era il 10 di maggio in piena primavera ricolma di fiori. La processione che si prolungava una volta fino a Cirò Marina era accompagnata da lancio di petali di fiori dai balconi e dalle finestre dove erano esposte le coperte colorate in segno di festa. I taralli fatti per voto dalle famiglie venivano portate in processione appesi alle pertiche legati con filo attorno a una gabbia cilindrica. Erano tarallucci di pasta dolce imbiancati di zucchero a velo, che venivano offerti in piazza da un banditore che faceva la riffa. I ragazzi erano i protagonisti principali che affollavano la piazza intorno al banditore. I soldi che si ricavavano andavano al comitato della festa per pagare le spese.
u paniceddu e Sant'Antonu
I panetti di Sant'Antonio, anch'essi fatti per voto, di pasta dolce da distribuire ai bambini poveri, alla festa di sant'Antonio il 13 giugno.
u ranu e Santa Lucia
Il grano bollito e rigonfio trattato col vino cotto. Si faceva per la festa di Santa Lucia, il 13 dicembre.
crispeddi, crustuli e tardiddi
Sono i dolci di Natale, fatti di pasta dolce in varie forme. I tardiddi sono tocchetti di pasta filata e tagliata a pezzettini fritti nell'olio di oliva, cosparsi di miele, compattati e tagliati a forma di torroncini, infine cosparsi di coloratissimi confettini. I crispeddi sono le crespelle, ciambelline dolci fritte nell'olio, cosparse di vino cotto dolcissimo. I crustuli sono i crostoli fatti anch'essi di pasta dolce, fritti, cosparsi di vino cotto e di confettini. La forma è tozza, cilindrica e porta l'impronta delle dita della mano che arrotola il tocchetto di pasta sulla superficie del crivello di cannuccia.
I dolci nelle case erano i segni più evidenti delle feste e davano ai bambini l'allegria. Si facevano in casa e tutti erano mobilitati a fare la loro parte. Di essi si faceva parte alle parentele più strette e alle famiglie stimate.
i cozzupi
Erano e sono i dolci di Pasqua. Sostanzialmente una ciambella di pasta dolce con un uovo nel mezzo cotta al forno, con molte variazioni sulla forma e sulla grandezza. Una forma tipica è la cozzupa a forma di galletto con un bell'uovo piazzato nella pancia, e con tanto zucchero a velo da farlo diventare bianco. E’ il dolce preferito dai bambini.