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Il calendario gregoriano
Papa Gregorio XIII introdusse il moderno calendario esattamente 400 anni fa per correggere l'errore del calendario giuliano, che stava via via accumulandosi e, soprattutto, per mantenere la Pasqua in primavera

La controversia fu religiosa non meno che accademica. Era l'epoca della Riforma; i paesi protestanti rifiutarono il nuovo calendario, denunciandolo come un piano pontificio per riportare i cristiani ribelli sotto la giurisdizione di Roma. L'accusa non era del tutto infondata. Gregorio XIII era un promotore vigoroso - e addirittura spietato - della Controriforma. Egli appoggiò Filippo II di Spagna nella punizione da lui inflitta ai Paesi Bassi protestanti e accettò con gioia la testa del capo degli ugonotti francesi dopo l'infame massacro della Notte di San Bartolomeo, un eccidio che il papa salutò come una vittoria cattolica, ordinando la coniazione di una medaglia a celebrazione dell'evento. Gregorio ritenne probabilmente che quello fosse il momento giusto per imporre al mondo cristiano una riforma del calendario, cosa che fece minacciando di scomunica chiunque si fosse rifiutato di accettarlo. L’opposizione al calendario non fu solo una conseguenza delle lotte religiose dell'epoca. Molti dotti riconobbero l'esigenza di una riforma del calendario (l'errore del calendario giuliano, che diveniva sempre più grande per effetto di accumulazione nel corso del tempo, era stato rilevato già da secoli), ma non erano convinti che il sistema gregoriano rappresentasse un progresso significativo sul «Vecchio Stile».

Il grande matematico francese Francois Viète, chiamato spesso il padre dell'algebra moderna, condannò la riforma gregoriana come una corruzione del calendario giuliano. Alcuni fra i principali scienziati del Cinquecento, fra cui lo stesso Viète sostennero che il calendario gregoriano era astronomicamente scorretto. Quest'opinione fu condivisa da due fra i più aspri critici della riforma, Michael Maestlin e Giuseppe Giusto Scaligero.
Maestlin, che era un astronomo, fu tra i primi ad abbracciare apertamente la teoria copernicana ed è famoso per essere stato professore di Keplero a Tubinga. Scaligero, anche lui un famoso accademico, fu uno studioso straordinario; parlava correntemente una dozzina di lingue, era un umanista, storico, filologo e cronologo. I colleghi lo definivano un «mare di scienza», un «pozzo senza fondo di erudizione».
Divenne uno fra i nemici più irriducibili di Clavio, il principale difensore della riforma gregoriana. Nel 1595 Scaligero pubblicò un commento al Canon Paschalis di Ippolito, un'opera del IV secolo sul computo della data della Pasqua. In appendice al commento egli pubblicò una critica pungente al calendario gregoriano che è lunga più del doppio dell'opera principale. Scaligero argomentò a favore del proprio piano di riforma, che di fatto avrebbe prodotto un calendario lievemente più esatto, ma anche un po' più complesso. Clavio rispose prontamente alle tesi di Scaligero.
Lo stesso anno pubblicò infatti una caustica confutazione, losephi Scaligeri elenchus, et castigatio calendarii Gregoriani. Le critiche di Scaligero, tratte dal suo lavoro nel Canon Paschalis, e le risposte di Clavio sono presentate in paragrafi alterni. Le osservazioni di Clavio sono spesso divertenti per la loro veemenza, ma raramente sono più oltraggiose delle invettive di Scaligero. Questi apostrofava scurrilmente il bavarese Clavio chiamandolo «pancione tedesco» e «bestia». Scaligero sollevò obiezioni sia alle parti civili sia alle parti ecclesiastiche del calendario.
Egli sostenne che le tavole utilizzate nel calcolo della data della Pasqua, chiamate tavole dell'epatta, erano erronee, e anche che le nuove regole per gli anni bisestili non erano sufficienti a mantenere costantemente la data dell'equinozio di primavera al 21 marzo. Di fatto, il calendario gregoriano include alcune piccole fluttuazioni nella data equinoziale, fluttuazioni che possono arrivare sino ad alcuni giorni. Ciò nonostante esso riesce a mantenere la data al 21 marzo o in prossimità di esso ogni anno e continuerà a farlo per molti secoli a venire.
. . . continua . . .