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Alcune poesie di Saverio De Bartolo
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Alcune poesie di Saverio De Bartolo, dal capitolo
“Foglie Argento, Ciro' nella memoria”
del libro "Amaramente”, Miscellanea di versi.
S.i.p., Ferrara 2003.
Lo stemma di Ciro’
Il mio paese sorge
in cima alla montagna.
E’ circondato dalla bellezza.
Il vento dipinge il cielo
profondo d’azzurro.
Lo Jonio di Kremissa
sempre azzurro, sempre
in lotta coi venti
nello sfondo di levante.
Le cime dei monti,
verdi di prati e di foreste
fan corona a ponente.
La gru vigilante
aggredisce il serpente:
vita di pace e di lavoro
contro malvagità e violenza.
Madrigale cirotese
Ora è il tempo dei ricordi ameni.
Fronde d'olivo nitide nel vento
danzano in coro con le foglie argento.
Questa è l'ora dei risvegli.
Già nella via s'odono rumori
di ferri di cavalli sulle pietre
del borgo, alla campagna
volge il contadino.
Ora si desta il gregge negli stazzi,
la quartuccia è già colma
nelle mani del pastore sulla via,
intorno a lui fanciulli
bevono il latte caldo appena munto.
Jerzu, terra secca
Fare poesia?
Fare poesia, perché no!
Ma il foglio bianco incute timore:
cosa sento in me che sia degno
di essere tradotto in parole?
Vedo un deserto,
tutto piatto, giallastro:
germogli, no, alberi, no,
pietre neanche: terreno "jerzu"
come la terra di mio padre,
quella non coltivata, dura, compatta,
erba secca appiattita per terra,
come se avesse il timore di esistere.
Perchè commuoversi
di fronte a questo?
forse il ricordo lontano?
Vigoroso azzurro
Vigoroso azzurro,
le creste pungenti,
è il mare della memoria.
Cavalli distratti
sulle dune della marina
di tamerici cosparse
brucano l'erba secca,
la coda sui fianchi
colpisce l'insidia dei tafani
assetati di sangue.
Un dio pagano, in sosta
sull'altare della calura
di polvere e pietre,
fissa lo sguardo
nella brezza salina.
L'incantesimo del meriggio
mi coglie nella risacca
cosparso di ghiaia e di spuma
tra terra ed acque
dello Jonio mare.
Le grandi querce
Andiamo al prato delle grandi querce
dove l'ombra è più fresca e odorosa.
Qui l'acqua fresca del biviere
mormora e tace.
Il luogo è all'ombra dei grandi rami
e lo stormire delle foglie
porta profonda quiete.
Qui è il prato dove meriggiano i cavalli
e tutto è fiori e verde.
E qui con calma seduti sulle pietre
beviamo il vino della fiasca
col pane raffermo e il cacio.
Si rallegra il volto, e coi pensieri
torniamo ai campi delle messi d'oro
mosse dal vento e brunite dal sole.
Bianche le cime
Bianche le cime dei monti della Sila.
Le serre e le vallate
baciate dal sole splendono
di verde e di vigore.
La natura riposa, e gli animali
gli olivi e le viti.
Già nel mio cuore
si sveglia primavera
e l'acqua dei ruscelli,
il vento nelle canne,
i fiori nei prati
e il canto degli uccelli.
La luna bianca
La luna bianca,
fissa nel cielo,
copre i misteri della notte.
Una solitudine immensa
domina la valle illuminata.
Volteggi di gufi segnano
il silenzio di perla.
Il chiarore del mio sgomento.
Verdi anni di sole
Ombra rimane
dei miei verdi anni di sole
sullo schermo dei ricordi.
I miei ventanni vissuti
scrutando in lontananza,
sulle cime innevate della Sila,
la vita delle mie attese.
Filtrava la tramontana
tra le tegole del soffitto,
il giorno che lasciai la mia casa.
Lontani ormai, nel ricordo,
i volti della mia infanzia,
nelle immagini corrose dal tempo
incollate sul marmo del camposanto.
Ma dietro di me le ombre,
seminate nel tempo,
non partecipano
al mio silenzio.
Tre campanelle
Mi giungono i rintocchi di lontano
di tre campanelle di una chiesa.
Lontano mi riporta al mio paese,
alla mia casa della Cacovia.
La casa dei miei nonni al crocevia
delle campane di San Menna
e della chiesa di Santa Maria.
Quanti ricordi, quanta nostalgia,
degli anni verdi, della scuola mia,
del lavoro dei campi,
delle feste dei Santi.
Santa Lucia, Natale e Capodanno
“agurii e bonannu,
fammi a strina ch’e capudannu”,
i bambini dietro l’uscio
delle case della festa.
San Giuseppe coi fuochi, i canti e i balli,
nella piazzetta angusta eppur gremita.
San Cataldo che scende alla Marina,
San Nicodemo il santo carotano,
San Francesco Patrono con la fiera.
Le campane, le campane e i dì di festa,
i rintocchi al mattino e a mezzogiorno,
a sera i rintocchi dell’Avemaria.
E’ lontano quel tempo,
vive nel sogno quel ricordo.