Scrittori

Del nome di Chonia

Del nome di Chonia

(A cura di Saverio De Bartolo)

Il nome di Chonia (antico territorio di Ciro\\\\\\\') non è molto conosciuto a livello della gente cirotana, ma è noto a livello culturale. Nel testo riportato di seguito lo scrittore Giovanni Fiore da Cropani ne parla citando grandi scrittori quali Cluverio, Strabone, Aristotile, San Tommaso, Apollodoro, Barrio, Marafioti.

Un autore non citato forse prima di questi: Licofrone nell\\\\\\\'Alessandra ove al versetto 983 e seguenti afferma “... dove il Sini veloce fa il suo corso e bagna il copioso possesso della Conia.”

Ricorda Cona in proposito anche il poeta Luigi Siciliani, che aveva intitolato il suo secondo romanzo, mai dato alle stampe, Da Cona a Roma.

Il testo che segue è tratto dal primo volume di Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria Illustrata.

 

Del nome di Chonia

Ch\\\\\\\'una parte della Calabria si fosse detta Chonia, o pur paese dei Chonii, ne sono aperte le testimonianze de\\\\\\\' scrittori.

Ma in qual parte di essa lo dimostra Cluverio, con l\\\\\\\'autorità di Strabone, distendendola dal promontorio Lacinio, e monte Clibano, fino a Metaponto.

A Lacinio Promontorio et Monte Clibano ad Metapontum usque, extensam fuisse Chonum gentem, seu Chonem Regionem, diserte patet, ex Strabonis verbis.

e altrove: At cum Oenotrorum pars; circa ea loca, in quibus posta Croto, Sybaris, et Syris urbes conditae fuerunt diceretur Chones, et terra eorum Chonia, etc.

Dalle quali parole viene ancora in conseguenza, la qualità della gente abitatrice, che fu parte degli Oenotrii medesimi.

Così ancora Aristotile. Alteram vero partem, quae ad Iapigiam, et ionium pertinet, incolebant Chones, et ipsi quoque ab Oenotris orti;

e S. Tomaso. Qui (Chones) fuerunt quondam de genere Oenotriorum, qui dicuntur fuisse Greci quidem.

 

Questi dunque, o per necessità, o per ambizione, o per altro, fabbricata una gran città, nel seno Tarentino, come lo discorre Strabone, e propriamente sul promontorio Cremissa, giusta il parere di Apollodoro, dismesso l\\\\\\\'antico cognome di Oenotrii, presero a dirsi Chonii dal nome dell\\\\\\\'edificata città. Troviano però dal vero, e l\\\\\\\'uno, e l\\\\\\\'altro, e con essi loro Barrio e Marafioti, in quello soggiungono, che la città Chonia, l\\\\\\\'avesse fabbricato Filottete, dopo la caduta di Troia, se pure non avessero inteso d\\\\\\\'averla solamente ristorata da alcune sue rovine, conforme all\\\\\\\'interpretazione, (che come se medesimo corrigendo) ne fa Marafioti.

Mai però potrà giustificarli, che Chonia fosse il medesimo, che l\\\\\\\'oggidì Belcastro, giusta il parere del Barrio, e del Marafioti, ed è la ragione, perché Belcastro, non è nel seno tarentino, ma nell\\\\\\\'altro di Squillaci; né sopra il promontorio Crimissa, ov\\\\\\\'era l\\\\\\\'antichissima Chonia, et supra illud oppidum Chonia, a quo Chones incolae dicti,

giusta il sentimento di Strabone; ma in molta distanza da quello, e più tosto sopra il promontorio Lacinio, com\\\\\\\'è da vedersi, d\\\\\\\'occhio non all\\\\\\\'intutto chiuso.

Comunque si fosse, fu la gran città, assai celebre di quei tempi; poiché poté dare il nome a tutto quel tratto di paese; anzi all\\\\\\\'Italia tutta, per detto di Cluverio colla testimonianza di Esichio antichissimo scrittore.

Hoc quoque vocabulo (Chonia) nonnulli appellarunt Italiam, teste Hesichio.

Del tempo poi, in cui avvenuta fosse la fortunata nascita di tal nome, non posso disegnarne accertati li periodi; ma se vagliono le conghietture, stimarei, che avvenuta ella si fosse, su i movimenti medesimi, se non più tosto, alquanto dopo la partita, degli Ausonii; cioè circa il 2300.

E inoltre tirando gli argomenti, conchiudo, ch\\\\\\\'egli, il nome di Chonia, non fu universale alla provincia; ma ad una parte sola, e nel mentre ancora, verdeggiava l\\\\\\\'altro di Oenotria, nel rimanente della regione.

 

(Dal volume: Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria Illustrata, TOMO I, pagg. 124-125 A cura di Ulderico Nisticò. Rubbettino, 1999. (Pubblicazione realizzata con gli auspici e con il contributo del Credito Cooperativo Centro Calabria.)

Nota aggiuntiva: Il volume del citato Licofrone è: Licofrone, Alessandra, Biblioteca Universale Rizzoli, 2000, Milano

 

Del nome d\\\\\\\'Italia

(A cura di Saverio De Bartolo)

 

Del nome Italia della nostra Penisola al centro del Mediterraneo, e delle sue genti, la letteratura, suppongo, sia molto estesa. Per averne una benché minima idea rovistando nella mia modesta biblioteca ho ritrovato tre contributi di altrettanti autori che ne delineano la vastità dei contenuti.

Il primo testo è quello dello scrittore Padre Giovanni Fiore da Cropani che riporta una ricerca esplorativa degli autori più noti della letteratura del settore.

Il secondo è un breve testo di Sabatino Moscati sulla storia del percorso attraverso i secoli del nome Italia dalla Calabria a tutta la Penisola.

Il terzo testo è una breve ricerca sul nome e la storia di Italo, da cui il nome di Itali delle genti e di Italia del territorio, di Giovanni Pugliese Carratelli.

 

  1. Del nome d\\\\\\\'Italia

 

Morto finalmente dopo le molte glorie Oenotro, succedutigli nella signoria alcuni de\\\\\\\' suoi, o nipoti, o figliuoli, lor venne dietro un tale del medesimo sangue, grande non meno di potenza, che d\\\\\\\'ingegno, Praepotentem, lo chiama Antioco Siracusano, e per nome Italo, norníne Italum; così ancora Tucidide, Cluverio, e san Tomaso. Ma il Valguanera, dimostra, che la nominanza di Italo sia stato cognome, e lo discorre così. Costui avendo ritrovato (dic\\\\\\\'egli) quella gente rozza, e incolta, l\\\\\\\'addomesticò coll\\\\\\\'uso de\\\\\\\' vicendevoli conviti (lo scrive Aristotile) e veggendo la terra non pienamente coltivata, introdusse l\\\\\\\'arte della coltura, coll\\\\\\\'uso dell\\\\\\\'aratro, e de\\\\\\\' bovi; e perché in quel loro idioma i bovi venivano chiamati itali; perciò dall\\\\\\\'averli egli messo all\\\\\\\'aratro, gli ne avvenne il sopra nome di Italo. Ma essendo ambizioso di gloria, e riflettendo, ch\\\\\\\'alla perfine averebbe ceduto alla tirannide della morte, bramoso, come almeno eternare il nome, fé correr bando per tutte le parti della sua signoria, che dismesso l\\\\\\\'antico nome di Oenotria, e Oenotrii, dovesse per l\\\\\\\'avvenire, la lor patria chiamarsi Italia, e i popoli soggetti Itali, l\\\\\\\'una, e gli altri dal suo nome, sentimento il più accertato tra\\\\\\\' scrittori grandi.

Virgilio: Est lucus Hesperiam Grai cognomine dicunt / Terra antiqua potens armis, atque where glebae; / Oenotrii coluere viri; nunc fama minores / Italiam dixisse Ducis de nomine gentem.

Antioco, Italia, post aliquod tempus, vocata est a viro praepotente, nomine Italo;

Tucidide, Ipsa quoque Regio ab Italo quodam  Arcadum genere, hoc nomen habente, sic est cognominata;

Aristotile, Tradunt periti homines illorum locorum fuisse quendam Oenotri Regem, a quo mutato nomine, pro Oenotris Itali vocati sunt.

San Tommaso: Dicunt enim cosmographi illius regionis, quendam regem fuisse, Italum nomine in illa, quae tunc dicebatur Oenotria, a quo accipientes nomen dicti prius Oenotri, vocati sunt Itali.

 

Così ancora Polibio, e Senofane, presso Alicarnasseo, Isacio, e Festo, soscritti da Filippo Cluverio. Onde riman riprovata l\\\\\\\'opinione di Timeo Locrese, di Agellio, di Paolo Diacono, di Festo e di Varrone, li quali denominarono questa regione col nome d\\\\\\\'Italia, dalla bellezza, e moltitudine di vitelli, Graecia enim antiqua, scrive Varrone,  ut scribit Timaeus, tauros vocabant Italos, equorum multitudine, et pulcritudine, et foetu vitulorum dixerunt.

E molto più resta convinto di falsità, l\\\\\\\'opinione di Hellanico, che da vitelli sì, ma con differente motivo il deduce. Scrive addunque, che passato Ercole in Italia, con la preda dei bovi, tolti a Gerione in Ispagna, e fermatosi su\\\\\\\'l Monte Lacinio, un vitello presa la fuga, corse fin al mar di Sicilia; lo seguì l\\\\\\\'altro, finché che lo sopr\\\\\\\'arrivò; ma ritornato molle tutto di sudori, e perciò richiesto, onde venisse, rispose che dalla Vetulia; cioè da quel paese, per il quale era ito errando il vitello: eccole sue parole:

Hercules, dum Gerionis boves ageret in Argos, cum esset in Italia, iuvencus quidam e grege fugiens, oram peragravit omnem, atque in Siculo ponto pervenisset eum, quem persecutus erat Hercules, appraehendit, oraque illa, quam vitulus peragravit, Vetulia dicta est.

Aggionge Marafioti che poscia col tempo tolta la prima lettera V, si disse Italia, e non molto appreso corrotta la U, in A, restò da Vetulia Italia. L\\\\\\\'uno, e l\\\\\\\'altro di questi sentimenti ripruova Cluverio, singolarmente l\\\\\\\'ultimo, che il chiama favola, con la testimonianza di Dionigi, e di Livio.

Sed omnem istam de Hercule bubulco, ac Gerionis bobus fabulam eam olim, ipse reiecit Dionisium, lib. I, et cum ipso Livio, lib. 5.

Indi senza scrupolo alcuno appruova, con Isacio, che il nome d\\\\\\\'Italia dal nome dì ltalo vi fosse derivato.

Longe igitur verissima, ac videtur illa altera sententia Isaacii Fezelii, idest a quodam viro nomine Italo, vocatam ait.

Però chi, e quale stato si fosse questo Italo, non è uno il parere dei scrittori: Higino lo volle figliuolo di Telagone, e di Penelope; altri figliuolo di Ercole, per nome Crano Atlante, fratel di Espero, che passato da Spagna, in Sicilia, se ne coronò re: così Tucidide, Isidoro, Senofane, Bonfiglio, l\\\\\\\'Alunno, il Nola, e altri; che poi ripassando armato in Italia, l\\\\\\\'occupò, e se ne disse re; così tra molti, fra Girolamo da Fiorenza. Ma e questi, e quelli, con aperto sbaglio; poiché Italo, da cui venne il nome d\\\\\\\'Italia, all\\\\\\\'Italia per origine, e nascita, fu Oenotro Calabrese, e per grado, re di Oenotria, e poi Italia; cioè dall\\\\\\\'oggidì Calabria, giusta il rapporto de\\\\\\\' migliori storici, Virgilio, Tucidide, Polibio, Alicarnasseo, Valguarnera, Marafioti; e quelli vagliono per mille, Aristotile, e s. Tomaso, quali lo testificano, come io rapportai nel principio, per invecchiata tradizione degli eruditi del paese; Tradunt periti homines illorum locorum.

E Cluverio. At non Siculum, sed Oenotrium fuisse, hunc Italum alii tra tradiderunt autores.

Del tempo poi, non è chi apertamente il testifichi; solo Antioco ne porge una debil conghiettura, così scrivendo, Italia, post aliquod tempus, vocata est a viro, etc.

E favella doppo l\\\\\\\'arrivo degli Oenotrii, dal nome datole di Oenotria; qual frase non essendo di immediazione né tampoco di troppa lunghezza, ci lascierà senz\\\\\\\'altro, un framezzo di un qualche secolo, o poco più, o poco meno; che sarà stato circa il 2300 come l\\\\\\\'altro de\\\\\\\' Choni. E chi sa, che mentre Italo stava in rivolta per la tramuta del nome, altri, o per livore, o per emulazione, con l\\\\\\\'edificio della nuova città, traduti di nominanza, detti non si fossero Chonii? Abbiamo addunque, che il nome di Italia per prima, non si udì, che nella Calabria; né in tutta, ma in quel solo istmo di terra, che va racchiusa tra li due golfi, di Sant\\\\\\\'Eufemia, e di Squillaci.

Oramque illam maritimam (scrive Aristotile) quae est inter Scyllacium, et Lameticum sinum, Italiae nomen PRIMO appellasse, e il suo interprete s. Tomaso. Et hanc partem Europae, quae sita est inter sinum maris Scyllaticum, et sinum Lameticum, absumpsisse nomen Italiae ab eodem.

Così ancora Antioco, il quale per detto di Strabone collocò l\\\\\\\'Italia là, ove prima era l\\\\\\\'Oenotria.

Antiochus in opere, quod de Italia scripsit hanc Regionem ait, Italiam appellatam fuisse, prius autem dictam Oenotriam:

Cioè da Sant\\\\\\\'Eufemia a Squillaci, per detto di Cluverio: At vero antea eos tantum tradídit Oenotros, atque Italos fuisse dictos, qui intra Isthmum positi, versus Siculum pergerent fretum. Isthmus est stadiorum 160 iuter duos siuus Hipponiate, qui Lametieus appellatur Antiocho, et Scillaticum.

Come poi tal nome allargatosi fosse più oltre, lo dichiara Marafioti: cioè, perché Italo non pago della picciola signoria, ch\\\\\\\'era fra Sant\\\\\\\'Eufemia, e Squillaci, uscì fuori armato, e occupò l\\\\\\\'altre città degli Oenotri dal fiume Lao fino a Metaponto; per tutto portando, come il nuovo dominio, così il nuovo nome Italia.

Quam a Tyrreno quidem mari Bretticae terrae diximus, Laum flumen, e Siculo autem, Metapontum, dice Antioco; e oltre più vagandosi allargò fino all\\\\\\\'Alpi; appunto come lo è, oggidì, per detto di Strabone. Post infimas Alpium radices eius, quam hac aetate Italiam vocant, initium est. Namque maiores Italiam, quae ab Siculo freto, usque ad sinum Tarentiuum, et Hipponiatem pregressa est, Oenotriam appellabant; nomem autem obtinens, usque ad Alpium radices processit.

Soscrivono Anania, Mazzella, Barrio, Marafioti, e Capialbi, e altri.

 

(Dal volume: Giovanni Fiore da Cropani, Della Calabria Illustrata, TOMO I, p. 125-27. A cura di Ulderico Nisticò. Rubbettino, 1999. (Pubblicazione realizzata sotto gli auspici e con il contributo del Credito Cooperativo Centro Calabria.)

 

  1. Calabria, il nome di ITALIA

 

Ma passiamo alla penisola e consideriamo anzitutto la Calabria, dove nasce il nome stesso di Italia. Itali, infatti, vengono chiamati prima della conquista romana abitanti dell\\\\\\\'estrema punta calabra. Il nome sale poi progressivamente da sud verso nord, con l\\\\\\\'avanzare della conquista romana e dell\\\\\\\'unificazione della penisola: nel IV secolo a.C. congloba le regioni meridionali, nel III quelle centrali, nel II quelle settentrionali. Al tempo di Augusto, nel I secolo a.C., Italia è la denominazione ufficiale di tutta la penisola e al tempo di Diocleziano, nel III secolo d.C., essa si estende anche alle grandi isole.

 

Stralcio dal libro: Antiche genti d\\\\\\\'Italia, Edizioni De Luca

Catalogo delle Mostra di Rimini, Sala dell\\\\\\\'Arengo 20 marzo 28 agosto 1994.

Meeting per l\\\\\\\'amicizia fra i popoli.

Testo: Come nacque l\\\\\\\'Italia, Sabatino Moscati, p.11- 18.

 

  • La figura di Italo.

 

Al centro di tutte queste tradizioni leggendarie ritroviamo costantemente la figura di Italo: egli ci appare volta a volta come re degli Enotri, degli Ausoni, dei Siculi; ma il suo ruolo di fondatore del primo nuovo assetto etnico e politico in Calabria dopo l\\\\\\\'antichissima migrazione enotria rimane immutato. Tutto questo sembra adattarsi molto bene all\\\\\\\'ambito cronologico in cui questa figura emerge, se vogliamo prestar fede al computo delle generazioni, peraltro confermato dal calcolo di Aristotele, che lo situa in un\\\\\\\'epoca alquanto più antica di quella di Minosse: la seconda metà del XIV secolo.

Antioco di Siracusa, in uno dei passi richiamati più sopra, ce lo raffigura come un re buono e saggio, capace di sottomettere le popolazioni vicine facendo volta a volta uso della persuasione e della forza, e, dopo aver consolidato il suo potere su di una data regione, già incline a bramare di estendere la sua egemonia sulle popolazioni e sulle città limitrofe.

Più interessante è l\\\\\\\'immagine che ne traccia Aristotele (Politica, VII, 10, 2-3): re degli Enotri, da lui questi presero in seguito il nome di Itali, come pure venne chiamata Italia la regione da loro abitata, quella propaggine delle coste europee delimitata a nord dai golfi di Sant\\\\\\\'Eufemia Lamezia e di Squillace, così tra loro, che distano solo una giornata di cammino. Di questo Italo dicono che abbia fatto degli Enotri, di nomadi che erano, degli agricoltori stabili, e che abbia imposto loro nuove leggi, istituendo tra l\\\\\\\'altro per primo le \\\\\\\'sissizie\\\\\\\'. È da ritenere che con l\\\\\\\'espressione \\\\\\\'sissizie\\\\\\\' Aristotele non si riferisca tanto alla costumanza dei pasti in comune, quanto alla creazione di riserve alimentari collettive.

Significativo appare in questa rappresentazione, al di là dei soliti luoghi comuni inerenti alle convenzioni narrative proprie di questo genere di tradizioni, l\\\\\\\'emergere di un potere politico capace di modificare l\\\\\\\'assetto socio-economico delle comunità. Come vedremo, la documentazione archeologica relativa al XIV e al XIII secolo in Calabria sembra effettivamente attestare uno stabilizzarsi e un consolidarsi dell\\\\\\\'insediamento, l\\\\\\\'affermarsi di un più razionale coordinamento delle diverse attività economiche, e in particolare l\\\\\\\'introduzione di tecniche nuove nella produzione di grandi contenitori per derrate, tali da favorire forme più efficienti, e verosimilmente centralizzate di immagazzinamento delle riserve alimentari.

 

Stralcio dal Libro: Giovanni Pugliese Carratelli, et Alter, ITALIA, omnium terrarum parens, Libri Scheiwiller Milano MCLMXXXIX, pp. 146.