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Il Tramonto del Boss-continua
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IL TRAMONTO DEL BOSS
NICODEMO MALENA
(Disegno in copertina di Raffaele Malena) CSA – Editrice 2012
“….Ed eccoli ancora lì, nello stesso vicolo che li aveva visti nascere. Bambini dalle mani sporche e le unghie nere di terriccio. Le facce imbrattate di fango… alcuni scalzi, altri con scarpe informi e senza lacci……”
Prefazione
E, mentre la tiepida brezza del maestrale faceva ondeggiare le alte cime degli eucalipti e le foglie ormai prive del colore della giovinezza, ingiallite, si staccavano dai rami informi, lasciandosi cullare dal vento ancor prima di adagiarsi sul terreno incolto, lui, don Antonio Santangelo, se ne stava immobile, quasi sprofondato, nella sua sedia a dondolo posta sulla terrazza volta a ponente. Alla veranda si accedeva direttamente dalla camera del boss per mezzo di un 'ampia porta a vetro che, lasciando entrare la luce del giorno, rendeva luminosa tutta la stanza, anche quando il sole era nascosto dalle nubi scure e cariche di pioggia . II terrazzo era stato ricavato su quel lato della casa per esplicito volere di Santangelo; forse una premonizione la sua, per quello che sarebbe stato e che effettivamente era il lento e sofferto trascorrere degli ultimi tempi della sua vita, della sua vecchiaia.
Di un colore rosso carminio era il tramonto quel pomeriggio. Il sole, a tratti offuscato e infastidito dalla presenza di nubi sparse, come sempre, scompariva lentamente dietro i monti della Sila, infuocando pittorescamente quella parte di cielo. Don Antonio fissava quel tramonto con sguardo triste, rassegnato e nello stesso tempo affascinato; era certo che in tutt'altra parte del mondo, altri uomini guardavano, con stupore simile, l'alba di un nuovo giorno che quella sfera di fuoco regalava a tutti loro. I lineamenti del suo volto, ora tesi ora meno contratti, ben si conciliavano con i suoi alterni stati d 'animo e i suoi occhi, di un colore nero intenso, ancor sorprendentemente vigili, a sprazzi, al pari del sole, mostravano uno straordinario vigore, una forza mai del tutto sopita e solo volutamente repressa. Il lieve sibilo del vento tra le fronde ripeteva una litania antica e il cigolio della sedia a dondolo era l 'unica nota stonata in quella perfezione, in quella naturale armonia. Il morbido cuscino, ricoperto da una bianca e profumata federa di lino finemente ricamata a mano, separava la sua testa dallo schienale in ecopelle nero e gli consentiva di tenere il capo leggermente sollevato. Sulle ginocchia un leggero plaid di lana scaldava le sue gambe stanche che mal sopportavano, ormai, quel corpo appesantito dagli anni e dalla vita. Sotto quella tiepida coltre le sue mani incrociate stringevano la corona del rosario e le sue labbra si muovevano appena nel recitare quelle orazioni, quelle suppliche che nessun orecchio indiscreto avrebbe mai udito.
II suo modo di pregare Dio mostrava tutto il rispetto, la devozione, la discrezione di chi guarda con fede verso il Cielo, di chi crede nell'esistenza di una Entità che può disporre del tuo tempo, della tua vita. Lo stesso rispetto, quella devozione, quella discrezione che lo stesso Santangelo aveva un tempo preteso da coloro che gli erano stati vicini, nel bene e nel male. In quel lento trascorrere delle ore, la mente di quell’'uomo, ancora lucida e vivida, non poteva non tornare a tutto ciò che un tempo era stato e che, ora, gli sembrava cosi recente pur essendo così lontano. Un passato travagliato, ricco di innumerevoli episodi che lasciano un solco profondo nell'animo e che anche il trascorrere degli anni non possono sbiadire né cancellare. Una serie d'immagini, di luoghi, di avvenimenti, di facce che lentamente incominciano a sfilare davanti ai suoi occhi e che disegnano sulle sue labbra ora un sorriso appena accennato, ora una smorfia di disappunto. Episodi che si ricompongono nella mente del boss come le immagini di un film di cui egli stesso era stato regista e protagonista; un film alla proiezione del quale avrebbe fatto volentieri a meno di assistere, ma i ricordi incombevano prepotentemente, suo malgrado, e lui, inchiodato alla sua poltrona, doveva ora essere unico spettatore pagante.
L’Autore
Recensioni
IBS
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Storia feroce come una sparatoria, eccessiva come una passione, cupa come un ricordo. Il libro racconta l’ascesa repentina e il tramonto malinconico del boss Antonio Santangelo, detto Ninuzzo. Emergono sentimenti, incontri, vendette e soprattutto il fluire d’immagini senza tempo. Ed è proprio questo intreccio di emozioni che va oltre la semplice storia di un boss. E’ il percorso di un’anima capace di capirsi nel profondo e in grado di abbandonarsi a sensazioni ancora del tutto umane.
Cataldo Amoruso
Cirò Marina , 27 Agosto 2012 da” Il Cirotano”
“Negli anni Settanta io e Nicodemo Malena, l'autore del romanzo "Il Tramonto del Boss", eravamo impegnati a comporre arrangiamenti Musicali di alcune canzoni che poi portavamo a Milano e che il più delle volte, ci venivano "rubati" da cantanti. Avevamo fondato il gruppo musicale "I Ciros" insieme all'altro Nicodemo Malena, Cataldo De Bartolo, Sasà Molinari. Verso la fine degli anni settanta Nicodemo mi propose di scrivere insieme una commedia. Lui aveva già in mente il soggetto e così nacque "U Cummito" un'opera ormai nota, più volte rappresentata dalla compagnia teatrale Krimisa. Cominciò così una fruttuosa collaborazione che portò alla stesura della sceneggiatura de "Il Mistero di Giulia Capellieri", che per mancanza di appoggi politici non divenne mai una fiction televisiva.
Successivamente scrivemmo la sceneggiatura per un film "Peppe Filazzola, storia d'amore e di lavoro" e infine la commedia "In casa Cantamissa". Dopodiché io continuai a scrivere e Nicodemo , pur essendo un bravo scrittore, dotato di una fervida fantasia, si fermò. Negli anni ottanta, però , scrisse "Il Tramonto del boss", ma solo ora ha deciso di pubblicarlo per i tipi di CSa Editrice. Un libro che ho letto con molto piacere, è ben scritto, perché ha messo il cuore alla penna che ha intinto nel calamaio di una piacevole nostalgia, descrivendo con dovizia di particolari i luoghi della memoria che evoca benissimo. Il paese dove si è nati , dove si è vissuti, dove si conservano in uno scrigno ricordi e segreti d'infanzia, il paese che gli uomini hanno riempito di gioie, di tristezze e di amicizie, di rancori, di odio, e di dolori, di canti di miserie e di pianti, di amori appena nati, di amori appassiti, di amori mai finiti, di vendette, di faide, d'invidie , di gelosie e di rabbia represse nei pugni chiusi nelle tasche rotte….ma questa è la vita.
La storia incomincia negli anni drammatici del dopoguerra, in questo microcosmo di mondo, troviamo un nugolo di ragazzini che Malena ci descrive: " dalle mani sporche e le unghie nere di terriccio, le facce imbrattate di fango, alcuni scalzi, altri con scarpe rese informi e senza lacci. Vestiti con abiti di taglia troppo stretta o troppa larga, pantaloni, camicie e maglioni comprate con poche lire al mercatino dell'usato di Vincenzo "U Napulitanu", le donne li chiamavano "Zinzuli". In queste prime descrizioni già c'inoltriamo nella tragica scenografia delle ferite ancora aperte, nella miseria, nei lutti, negli abbandoni e nelle angustie che ci aveva lasciato la guerra del Quaranta. Seguiamo questi ragazzini e li vediamo che giocano alla "Prozzula", o ad un pallone fatto di pezze arrotolate e legate con uno spago, o fatto con le calze delle donne appese al filo, dopo essere state lavate, che spesso rubavano. I ragazzini giocavano a nascondino, al Campo francese, a Zumpa Cavaddu, alla mazza fionda, Ara Petra. I giocattoli erano inesistenti e ognuno si impegnava con la.fantasia a costruire il proprio giocattolo personale preferito. In questo gruppo di ragazzi emerge Antonio Santangelo, che tutti chiamano affettuosamente Ninuzzo, questo "ragazzino" pur avendo la stessa età degli altri, è smilzo, gracile, in netto contrasto con i suoi compagni di giuochi, però a dispetto della sua corporatura, mostra carattere fermo e risoluto. Malena descrive il vicolo "A Ruga" con donne irascibili e volitive che litigavano spesso per un nonnulla, donne che sventolavano i bracieri per arrostire le sarde. Uomini dai volti smunti che l'opera rovinosa del tempo precipitava verso una vecchiaia precoce.
L'autore è bravo nel descrivere il mondo dei pescatori che tornano la mattina stanchi di strapazzi, "volti di uomini dai lineamenti induriti dalla salsedine e dal sole, assonnati e rassegnati a quella vita di stenti, e si riconosce zu Giovanni Malena (il padre dello scrittore) con la classica coppola sulla testa, accanto all'inseparabile fraterno amico zu Damiano Carelli, in piedi nel suo Colleoni, un gozzo di legno di pochi metri, che si apprestava a spegnere la lampara, quel lume compagno di una vita e fidato amico di notti interminabili di un'esistenza trascorsa in mare". Ci racconta che "in quei vicoli vi fu un periodo, infatti, che non vi era giorno che non accadesse che una Madonna piangesse, in una casa e un Cristo sanguinasse in un'altra, e tutti che gridavano miracolo, miracolo. Alla fine si scopri che dietro quegli eventi miracolosi, pur se cosi straordinariamente architettati, vi era l'abile mano dell'uomo". Intanto, Ninuzzo con la combriccola di ragazzini, un giorno prese di mira dei vasi di basilico e di peperoncino dell'anziana Zà Tetè e li frantumarono tutti. Il fattaccio però non restò impunito, a Zà Tetè aveva un nipote, Carmelo, un giovane alto e grosso, che faceva il contadino, questi non impiegò molto a scoprire che i vasi della zia erano stati distrutti da Ninuzzo e la sua combriccola, e cosi che Carmelo incontrò i ragazzi, se la prese con Ninuzzo picchiandolo forte, quest'ultimo cavò dalla tasca un piccolo coltello e glielo infilo nella pancia. Con questo atto criminoso compiuto da ragazzino incomincia la nuova metamorfosi della sua vita. Con quella coltellata aveva infranto la legge e chi infrange la legge gli resta dentro un marchio di fuoco che non si cancella mai. E più avanti nel romanzo si nota gia l'idiosincrasia di chi ha infranto la legge e di chi, con una divisa, cerca di farla rispettare, così i carabinieri diventano "Sbirri". Nasce una sorta di odio latente che sa di disprezzo e di sfida, ma per chi decide di diventare un picciotto avere a che fare con i carabinieri o con la galera, acquista punti di merito. Passano gli anni e Ninuzzo incomincia a vestire bene, con abiti cuciti da mastro Ciccio Saltarelli. La sartoria era un piccolo tempio di piccoli intrighi, di pettegolezzi, di scherzi e di sfottò irridenti, poichè la natura umana è sempre pronta a ridere sui guai altrui e strumentalizzarli per il proprio inconfessato piacere. Si parlava anche di sport, ma l'argomento preferito era la musica e il teatro, erano gli anni dei cantanti come, Consolini, Latilla, Togliani, Nilla Pizzi, la conveniva anche il Capo Mezzotero e il fratello Gaetano, per prendere spunti per le nuove gag comiche; c'era il cantante Nino Malena, che sottovoce cantava " Passione tra gli ulivi" una canzone di Claudio Villa. II lavorante Gino Cosenza cantava "Erba di mare", mentre Cataldo Parrotta, molto ispirato, eseguiva col suo violino "Malinconico Autunno" canzone cantata da Carla Boni e che aveva vinto il festival di San Remo del 1953. II tempo passa e Antonio Santangelo, detto Ninuzzo, che negli anni aveva gia sviluppato una mentalita mafiosa, impara a memoria "il Codice segreto della Ndrangheta", viene battezzato, seguendo una ritualita consistente nello sciorinare regole sociali, una sorta di esame che il Capo bastone, dopo aver battezzato il luogo, verifica se il futuro picciotto e ben affavellato, e sa tirare di coltello. Alla fine il picciotto s'impegna solennemente col giurare di dare la sua vita ed il suo sangue per l’Onorata Società. Malena mette a fuoco anche un argomento molto attuale (Le donne nella Ndrangheta, Vedi il caso della Garofalo). Descrive il tradimento di Marianna, donna di sani principi, moglie del boss don Francesco Cordula che tradisce il marito con un giovane forestiero che vendeva calze. Atto gravissimo nella Ndrangheta che si paga col sangue.
Qui il romanzo mette sempre piu a fuoco l'immagine di Ninuzzo, che da piccolo ladro a picciotto, da picciotto a boss incomincia a parlare con personaggi della politica, dove inesorabilmente si stringono i patti per il voto di scambio, "io ti affido la costruzione di una strada che non porta da nessuna parte, o di una grande chiesa in un minuscolo paese e tu mi porti i voti", -" io ti porto i voti e tu cerchi di mitigare le leggi in nostro favore", pratica ancora oggi fortemente in uso, e finchè non cesseranno questi patti la mafia durerà sempre. A questo punto consiglio i lettori di leggere il romanzo. Un romanzo che fa capire come la mafia, primo che atto pratico, è mentalita. Ometto la parte piu bella dell'opera che è il finale. E chiedo a Nicodemo Malena, ma perche non hai continuato a scrivere? Puoi ancora farlo perche non e mai troppo tardi per andare piu oltre. A voi lettori invece dico, che “II Tramonto del boss" è un romanzo che avvince e convince".
(O.G.) Il Crotonese
Cirò Marina, giovedi 27Dicembre 2012
Il nuovo libro di Nicodemo Malena ha suscitato un animato dibattito al termine della presentazione a Palazzo Porti.
Una prefazione a 360 gradi, cosi potremmo definirla, quella illustrata dal dott. Giuseppe Spadafora, del libro "Il tramonto del Boss", di Nicodemo Malena. Un libro dal titolo significativo che ha suscitato un animato dibattito al termine della presentazione. Giuseppe Spadafora ne ha tracciato la biografia, i collegamenti storici dei tempi della comune giovinezza, la storia dei luoghi vissuti dall'autore, i tempi diversi, quasi un'ispezione antropologica dell'autore e del suo vissuto. E' stato, per i numerosi presenti nel salone di Palazzo Porti, quasi un lento ripercorrere l'atmosfera del tempo che fu rivisitarne la sua semplicità, ma allo stesso tempo le sue contraddizioni e la sua storia, fatta di cose semplici ed aspre allo stesso tempo. Basta leggere alcuni passi, fra i quali quello utilizzato per la presentazione "....Ed eccoli ancora lì, nello stesso vicolo che li aveva visti nascere. Bambini dalle mani sporche e le unghie nere di terriccio.
Le facce imbrattate di fango.....alcuni scalzi, altri con scarpe informi e senza lacci..." o quelli successivi letti in sala dalla dicitrice Dina De Marco e dal "consumato" attore, Nicodemo Iacovino, che hanno "prestato" la loro voce, le loro inflessioni poetiche per dare corpo ad altri passi del libro, per capire e rendersi conto di quanto sia stato poi, articolato e quanto interessante, l’intervento del professore Francesco Ierise che si è chiesto perché la figura di Antonio Santangelo, soggetto principale del libro, fosse stata presentata come un boss dalle molteplici sfaccettature: perfido e romantico, generoso ed avido, un uomo crudele e, in qualche modo, ricco di umanità, il quale, alla fine dei suoi giorni, pare redimersi addirittura facendo il segno della croce. Indubbiamente una figura che suscita qualche perplessità nel lettore che è costretto a chiedersene la motivazione . Sulle figure femminili si è invece soffermato il dottor Giuseppe Russo, riscontrando nelle donne di mafia un radicato quanto sofferto, oggi quanto mai anacronistico, senso dell'onore; sentimento che l'autore ha saputo ben esprimere nei dialoghi di cui è ricca l'opera letteraria. Nicodemo Malena, nel corso della presentazione del suo libro, è riuscito a sollevare dubbi, interrogativi, opinioni: non resta che leggerlo per capire " un'anima in grado di abbandonarsi a sensazioni ancora del tutto umane".
Cirò Marina. Acceso dibattito sulla differenza dei codici dell’onore tra presente e passato
Il Tramonto del boss in un libro:
Presentata l’Opera letteraria di Malena su un uomo di ‘ndragheta.
Di PATRIZIA SICILIANI ( Il Quotidiano 17 Dicembre 2012 )
Cirò Marina. La vecchia ‘ndrangheta cirotana rappresentata dal fantomatico mammasantissima Antonio Santangelo si uniformava forse ai codici dell’onore e del rispetto? Questa è solo una delle domande che ha sollevato la presentazione del romanzo “ Il Tramonto del Boss” opera prima dell’autore, Nicodemo Malena, che ha ambientato l’ascesa di Ninuzzo, un ragazzo di strada, al vertice dell’organizzazione criminale in un periodo che va dagli anni ’50 alla fine degli anni ’70.
Una circostanza che ha fatto emergere i ricordi di quei cittadini che quel periodo l’hanno vissuto. Costoro erano presenti in massa, sabato pomeriggio, nella sala convegni di palazzo Porti, teatro dell’evento, e hanno tempestato di crude domande il serafico romanziere.
Il docente Francesco Ierise, ex sindaco della cittadina, gli ha chiesto se avesse consapevolmente circondato il capobastone di un alone di romanticismo quasi eroico, che potrebbe ingenerare più di un equivoco. “ Non possiamo restare sospesi, reclamiamo risposte, perché la ‘ndrangheta non può essere accostata ad un mondo cavalleresco, popolato di eroi senza macchia che difendono i deboli.” Lo ha incalzato Ierise, dopo aver manifestato il suo apprezzamento al lavoro letterario.
Il creativo Malena ha controbattuto : “ nella prima pagina è contenuta tutta l’essenza di quello che voglio dire, quel corpo appesantito dagli anni e dalla vita, il boss è un uomo sofferente, che avverte il peso delle sue azioni, è lui che giudica e condanna sé stesso.” Nessuna indulgenza, insomma, ma semmai la ricerca di un eccessivo realismo, perché, ha continuato, in quegli anni la gente, specie i ragazzi, restava affascinata da simili personaggi e dai disvalori di cui erano portatori.
Lo Scrittore ha ripetuto più volte: “ Il personaggio è completamente inventato, ho inventato questa storia e ho cercato di renderla avvincente per appassionare il lettore.”
La risposta è valsa anche per la domanda “ C’è qualcosa di autobiografico?” , postagli dalla giornalista Nelly Brisinda. L’autenticità degli ambienti, della mentalità dell’epoca, dei paesaggi, di tanti artigiani realmente esistiti, ha ingenerato i quesiti. Che hanno reso intrigante l’evento. In apertura , il medico letterato Giuseppe Spatafora ha ricordato il rione “cancello”, dove c’era la vendita del pesce, in cui è cresciuto Malena. Lui scendeva spesso da Cirò alla Marina, e vedeva questi bambini, poi ragazzi, giocare nei vicoli.
La preside Rita Anania ha comprato il libro “ per la nostra scuola”, la docente Rosa Caruso né ha apprezzato l’intreccio, la prosa chiara, l’incipit di manzoniana memoria. L’avvocato Pino Russo i dialoghi, le figure femminili, gli amori, come Pietro Malena.
Eccelsi i lettori Dina De Marco e Nicodemo Iacovino.