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La Storia di Tano - parte dodicesima
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Categoria principale: Fiabe Racconti Leggende
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Categoria: Storia Fantastica
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Parte dodicesima
TANO rivolgendosi a TARCONIO: “senti, a questo punto dobbiamo salire in cima, la torre sembra disabitata”.Detto questo aprono una porta solo accostata e salgono per una scala prima in pietra e poi in legno, raggiungendo il terrazzo, su in cima. Sulla terrazza merlata rimangono a bocca aperta. Anche se sono già verso la sera, all’imbrunire, appare alla loro vista uno spettacolo incredibile: l’occhio spazia da Crucoli a Melissa e persino fino a Crotone, sotto di loro si accendono le luci nelle case. “Sembra un presepio!” esclama TARCONIO.
E TANO: “uno spettacolo mozzafiato! in qualsiasi direzione mi giro… ma la frase, la chiave diceva di guardare ad Oriente. Considerando che la stella polare è a nord… eccola… l’oriente è a destra… per cui debbo girarmi di 90 gradi – TANO in quel momento poteva guardare OTIM che sicuramente gli avrebbe indicato la direzione giusta, ma lui aveva ormai l’ansia di andare avanti e aveva dimenticato il perfetto strumento che tutti hanno su ARRE’T; in quel momento si gira e… – guarda… TARCONIO, ad oriente c’è il castello ed esattamente la torre che da sulla piazza – ma… aspetta… guarda… (quasi balbetta) – mi sembra di vedere attraverso delle sbarre una figura alla luce fioca di una candela, ma… si… è ZIRA!! In quel momento TANO sente tutta la sua impotenza: ad un passo dalla meta, ma senza riuscire nemmeno a comunicare con ZIRA. Come dire: guardare ma non toccare… Dopo poco TARCONIO, rivolgendosi all’amico: “non vorrei interromperti dalla tua contemplazione, ma a me è venuto un certo appetito e visto che TINO BINZA ci ha dato del cibo vediamo di soddisfare anche il nostro stomaco”. TANO apre il sacchetto e vede, oltre al formaggio ed al pane, delle foglie di pilè, proprio quelle di prima, di cui parlava TINO. I due si guardano ed in coro dicono: “ma oggi è il 24 giugno!”. “Perché non rafforziamo questa usanza terrestre?” dice TANO. “Sono d’accordo!” risponde TARCONIO. Detto questo i due cominciano ad intrecciare l’erba pilè, dobbiamo dire all’inizio con notevole difficoltà. Riescono alla fine a realizzare la croce; non proprio bella, ma comunque frutto del loro impegno. A quel punto i due si alzano e, sotto un tetto di stelle, nel più assoluto silenzio pensano una preghiera propiziatoria. Al termine TANO interrompe quella pace, veramente celestiale: “siamo amici per la pelle, siamo compari di S.Giovanni!”. Dopo di che mangiano quelle poche cose con calma, come se si trattasse di un rito: ora sono amici per la pelle!... questo li fa sentire più forti, come se ora potessero affrontare qualsiasi cosa. Dormono e alla prima luce del mattino decidono di continuare e scendono in strada. Lì si fermano e sentono un certo nervosismo: è un silenzio irreale, come se altri trattenessero il respiro. Difatti da li a poco spuntano dei soldati del Principe ORCO INAT. A quella vista i due cominciano a correre e scendono per una stradina, di cui non conoscevano il nome. Ma già, una volta non era in uso denominare le strade (odonomastica), invece al contrario per i rioni (in dialetto ‘ì RUGH’) che avevano dei nomi ben precisi e probabilmente alcuni sono cambiati radicalmente nel corso dei secoli. I due sono inseguiti dai soldati e tutti quei passi rimbombano sinistramente nella pace mattutina del paese e nelle strette stradine. L’eco dei passi inseguitori li perseguita, non gli dà pace. Riescono però, in quel dedalo di stradine a trovare una porta aperta e varcatala la richiudono subito alle loro spalle, appoggiandosi ad essa. Intanto si sente il rumore dei passi dei soldati che aumentano di intensità per poi diminuire, dopo che superano il posto dove TANO e TARCONIO si sono rifugiati. Ansimanti, i due tirano un sospiro di sollievo, ancora con la faccia rivolta verso la porta e le mani che spingono su di essa. Poi si girano verso la stanza e con gli occhi ormai abituati al buio vedono una stanza con dei mobili come quella che avevano visto a FAVARO dal contadino TINO BINZA. Tutto essenziale, solo quello che serve. TARCONIO vedendo quella stanza dice, rifacendosi ad un detto locale: “casa ‘pe quantu basta e terra ‘pe quantu ‘ni vidi” (casa per quanto necessario e terra per quanta ne vedi). Si siedono e fanno il punto della situazione. TARCONIO, rivolgendosi a TANO: “ma chi è che ha potuto avvertire il Principe del nostro arrivo”. E TANO: “forse non te ne sarai accorto ma tutto il paese ha seguito le nostre mosse, mi sentivo mille occhi puntati da dietro le finestre. E non ti nascondo che ho avuto tanta paura, quella sensazione che su ARRE’T non esiste. Dobbiamo proseguire senza farci vedere, magari di notte”. TARCONIO, di rimando: “d’altra parte hai visto il percorso che abbiamo fatto? Questo paese sembra un labirinto ed è difficile anche trovare la via giusta. A proposito, scendendo scendendo siamo finiti nel rione chiamato ‘a VADDA, un tempo qui c’erano solo orti”.
Intanto TANO pronuncia la seconda frase, quella trovata a RAGAPEDE: “IL BUIO DEL LABIRINTO ED UNA PAROLA DI GUERRA SARANNO LA TUA GUIDA”
E TARCONIO: “certo come labirinto ci siamo, ma forse anche come parola di guerra. Potrebbe essere: soldati…”.
Continua