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Leggende cirotane

Leggende cirotane

U rotiliu

Non avevo mai sentito questo strano nome. Una sera Egidio Mezzi mi ha telefonato per chiedermi se sapevo qualcosa del rotilio, e mi tenne al telefono per quasi mezz'ora raccontandomi delle storie strane che aveva raccolto dalla viva voce di alcuni cirotani. Alla fine gli dissi che tutto ciò che mi aveva raccontato poteva essere una vera storia del rotilio così come era nell'immaginario cirotano.  Si mise a ridere, ma non si fece niente. Promisi tuttavia che avrei fatto una ricerca su internet, cosa che feci, ottenendo risultati che nulla avevano a che fare con le leggende. La cosa rimase senza conclusioni per lungo tempo, però senza dimenticare il fatto.
Più di recente ho acquistato il libro di Francesco Spezzano, “Guida ai detti calabresi”, per trovare una metodologia per una mia raccolta di detti cirotani in corso di elaborazione, e con mia sorpresa ho trovato un riferimento al rotilio. Che è questo:
“Armari nu rotiliu: preparare un imbroglio, un trabocchetto. Proporre un pessimo affare. Ricorda il famoso astrologo calabrese Rutilio Benincasa, ritenuto mago”.
Ed ecco svelato il mistero, u rotiliu è un riferimento all'astrologo Rutilio Benincasa, ben presente in Internet.
Un testo molto ben documentato sul nostro astrologo è quello di Oreste Parise: “Rutilio Benincasa, astrologo, mago e indovino”, pubblicato su: Mezzoeuro, Anno XI num. 14 del 7/04/2012, Rende, che si trova in Internet. Un altro testo si trova su Wikipedia, più ridotto, con i dati essenziali della biografia del Benincasa.
Dal testo di Parise si apprende, in sintesi, che: “Rutilio Benincasa è nato a Tursano un piccolo casale di Cosenza, oggi Borgo Partenope, (1555 – 1626) che ebbe per quasi tre secoli vasta fama in tutta Europa, considerato uno dei migliori astrologi del Cinquecento. E' l'autore dell'Almanacco Perpetuo, pubblicato a Napoli nel 1593, una enciclopedia dove sono riportate notizie storiche, elementi di matematica, astronomia, agricoltura. Una summa popolare di notizie e informazioni utili e curiose. Per oltre due secoli godette la fama di mago ed indovino, attribuendogli il potere di poter presagire il futuro, di conoscere l'ignoto, e divenne una sorta di oracolo. Rutilio Benincasa ebbe per molto tempo uno stuolo di ammiratori, affascinati dalla capacità di poter predire gli eventi futuri anche dopo la sua morte, con i molti segnali che aveva disperso nel suo Almanacco. Gli intellettuali e gli uomini di scienza dell'epoca lo hanno sempre considerato soltanto un ciarlatano e un parolaio”.
I particolari della vita e della morte di Rutilio Benincasa sono avvolte nel mistero.
 
Un episodio curioso riportato nel testo citato riguarda le capacità di predizione del Benincasa: “Le fave di Rutilio. Sono rimaste famose. Si narra che una notte stellata se ne stava su di una terrazza a guardare il cielo, osservando le combinazioni degli astri. Il vicino molto curioso lo spiava ascoltando le sue osservazioni. Lo sentì dire: "Viatu chini oji chianta li favi!". Al far dell'alba il compare si affrettò nel suo campicello a piantarle. Il raccolto fu così abbondante che non riusciva a consumarle, e ne fece provvista per l'inverno seccandole, per essere poi costretto a distribuirne a tutto il vicinato poiché le poche sue piante non smettevano di riempirsi di nuovi baccelli ogni giorno”.
Le strane storie raccolte da Egidio Mezzi, se ben ricordo, si riferiscono a persone di alcune famiglie di Ciro' che a detta di alcuni cirotani avrebbero avuto dei poteri particolari, non ben identificati, ma riassunti nella formula: tena u rotiliu.
Santu Martinu
Mi viene in mente Fra Martino di cui conoscevo la notissima: Fra Martino campanaro … recitata, cantata, musicata, in ogni dove nel vasto mondo.
A Ciro' invece ho sentito parlare di Santu Martinu da mia cognata Letizia, che mi riferiva che mia zia Teresa, moglie di mio zio Ciccio, quando faceva il pane nel forno di casa, diceva: Adoramu Santu Martinu, u panu cottu e ru furnu chjnu. Criscia ru bene ammazza ru malu, cada ra lingua aru minzugnaru. Che è una formula magica per evitare il malocchio. La cosa mi ha molto incuriosito, ma tralasciai di fare nell'immediato delle ricerche in proposito.
Sul libro di Francesco Spezzano (Guida ai detti calabresi, citato), con mia grande sorpresa ho ritrovato anche la storia di San Martino. Che viene raccontata come segue: “Santu Martinu: Così si dice entrando in una casa, in un frantoio, in un negozio o avvicinandosi ad un'aia per evitare il malocchio ed augurare abbondanza e ricchezza. E' la conclusione di un lungo canto popolare riportato dal Padula. Martino era un giovane pastore della Sila che, esasperato delle continue angherie, uccise il signore. Diventato poi brigante, viene ucciso per errore dai compagni della banda i quali lo seppellirono dietro una botte di vino che da quel giorno diventa inesauribile. Il popolo, accortosi del miracolo, santificò il giovane pastore Martino”.
La storia di Nino Martino, brigante della Sila, è raccontata anche da Francesco Perri, nel suo libro, nella prima edizione col titolo “Leggende calabresi” del 1929, ripubblicato in seguito in varie edizioni, col titolo di “Racconti di Aspromonte”, (Qualecultura, Vibo Valentia, attualmente seconda edizione, 2006, pag. 57-62).
Il racconto di Francesco Perri, noto scrittore calabrese, è più ricco di particolari, più suggestivo, più esteso, diverso in alcuni particolari dal racconto dello Spezzano: non venne ucciso per errore dai compagni, ma con intenzione: si sentivano traditi, per aver lasciato allo sbando il gruppo dei suoi briganti; poi fu seppellito dagli stessi sotto una piramide di pietre. La madre recuperata la salma lo ha seppellito dentro la botte in disuso nel magazzino di casa, per poter pregare sulla tomba del figlio. Sul corpo del defunto nasce una vite che produce il vino, che diventa inesauribile. Da ciò deriva il miracolo del vino e la sua leggenda. Che a quanto pare è trasmigrata anche nell'immaginario cirotano.
Le anime dei morti
A Ciro' sono in tanti a credere che le anime dei morti, in occasione di un morto in famiglia, vengano a far visita al morto. Si oppongono a tale visita le anime cattive impersonate dai cani randagi che abbaiando li allontanano. E' tradizione che la famiglia esponga un lumino sulla finestra della stanza del morto, per indicare la strada alle anime buone dei morti. Poi, una scodella piena d'acqua e tozzi di pane per i cani fuori dalla porta per impedire a questi di abbaiare e quindi di consentire alle anime buone di avvicinarsi.