I Vostri Ricordi

Lotte Contadine a Cirò

LOTTE CONTADINE A CIRO'
(di Saverio De Bartolo)
 
Prima di parlare di Cirò e delle sue lotte contadine può essere utile riportare in modo sintetico gli avvenimenti più importanti del periodo storico, per inquadrare le note che seguono su quanto accadde a Ciro’ nello stesso periodo.
Dopo la caduta del fascismo Fausto Gullo, deputato comunista calabrese, nato a Catanzaro, nell'aprile del '44 viene nominato Ministro dell'Agricoltura nel secondo gabinetto Badoglio. Tra l'estate del '44 e la primavera del '45, Gullo emanò i decreti per le  concessioni ai contadini delle terre incolte, (DLL 19 ottobre 1944). L'obiettivo di fondo perseguito dai decreti Gullo era quello di avviare la riforma agraria per contribuire a risollevare lo sviluppo del Mezzogiorno e in particolare della Calabria. Questi decreti furono alla base di un vasto movimento delle masse contadine per l’occupazione delle terre incolte, che portò anche al sacrificio di alcuni contadini durante l’intervento delle forze dell’ordine.
La prima vittima fu Giuditta Levato, di trentuno anni, morta il 28 novembre del 1946. Un gruppo di donne, guidate dalla contadina Giuditta Levato, si reca nelle campagne di Calabricata (oggi Sellia Marina, CZ) dove avevano delle terre già seminate assegnate loro da una cooperativa in base ai decreti Gullo. Erano state avvisate che il proprietario delle terre aveva inviato una mandria di buoi per danneggiare il seminato. Durante la loro protesta un colpo di fucile sparato dal sorvegliante del padrone del fondo colpì a morte Giuditta Levato. La morte della donna suscitò molto scalpore, era incinta di sette mesi.
Altra vittima fu Matteo Aceto, morto il 28 ottobre 1949 a Isola Capo Rizzuto (Crotone). Andrea Aceto era un organizzatore sindacale che guidava i contadini per la conquista delle terre incolte nelle campagne. Il 28 ottobre a Capo Rizzuto, alla testa dei manifestanti si trova di fronte le forze di polizia chiamate a respingere l’occupazione delle terre. La tensione porta allo scontro, da parte della polizia partono numerosi colpi d'arma da fuoco contro i manifestanti e Matteo Aceto viene colpito. Trasportato all’ospedale, muore per le ferite riportate.
Infine i martiri di Melissa: Francesco Nigro, Giovanni Zito, Angelina Mauro, muoiono il 29 ottobre 1949, nelle campagne di Melissa (Crotone). I contadini una sera decidono di occupare le terre a Fragalà, un terreno a 11 km da Melissa. Uomini, donne e bambini partono prima dell'alba del giorno 29. Arrivati sulle terre i contadini cominciano il lavoro di disboscamento dagli sterpi che coprono il terreno. Arrivata la polizia, parte l’ordine di abbandonare la terra, i contadini ignorano l’ordine e la polizia inizia a sparare: bombe lacrimogene e scariche di mitra. Rimangono sul terreno Francesco Nigro, 29 anni, Giovanni Zito, 15 anni. Angelina Mauro, 24 anni, trasportata all'ospedale di Crotone, colpita a un rene, muore dopo una settimana. Una decina di altri feriti gravi si salvano.
Anche i contadini di Ciro’ si apprestano a invadere la terre incolte. Questi che seguono sono gli appunti scritti in un momento in cui i ricordi di infanzia cominciavano ad affiorare alla mia memoria. Come si può constatare la storia è vista dalla parte dei contadini. Ne sono stato testimone da ragazzo. E' anche chiaro che sono solo dei ricordi, non è il risultato di una ricerca storica fatta sul territorio. Non mi risulta che qualcuno ne abbia scritto o abbia posto attenzione a quel periodo. Credo che le lotte contadine per la conquista delle terre incolte a Ciro' non siano rimaste nella memoria storica del paese.
I partiti e il clima politico del periodo
Dopo il famoso Referendum Istituzionale a Ciro' la popolazione, in quel periodo, si divise tra comunisti e democristiani. Al Referendum erano per la Repubblica i piccoli borghesi contadini, i proprietari di piccoli appezzamenti di terreno o di vigna, i contadini a giornata, i poveri (c'era una categoria di persone senza mestiere, famiglie senza risorse, che ancora mi chiedo come facessero a campare). Tutti questi divennero comunisti, senza distinzioni tra socialisti e comunisti o altre formazioni politiche. I socialisti di dichiarata fede erano quelli che si riferivano ai Fortunato, socialisti risorgimentali come il famoso Don Ciccio, avvocato e notaio di Ciro'. Al contrario erano per la Monarchia, più precisamente per il Re, tutti gli altri: dai piccoli impiegati agli artigiani, ai medici, agli insegnanti, ai bottegai, a quelli che orbitavano intorno alle grandi famiglie di Ciro', quelle che mi ricordo: i Siciliani in testa, poi Susanna, Pugliese, Giglio, Vergi, De Sole, Pignataro, ecc. Si aggiungono i preti e le loro famiglie, Liotti parroco di S. Menna, Palmieri di S. Giovanni, Benvenuti di Santa Maria. Le parrocchie esercitavano un potere non indifferente. Tutti questi diventarono democristiani. Più avanti negli anni si parlò anche di liberali e missini. Questi ultimi erano presenti alla Marina, con riferimento alla famiglia Porti. Era sostanzialmente un bipolarismo, come si direbbe oggi.
Ricordo che dopo l'armistizio comparvero sui muri del paese delle scritte W Stalin, W Lenin, W Marx. Le scritte del Duce venivano cancellate: cancellato il profilo del Duce con l'elmo di guerra, cancellate le famose scritte: Vincere!, Noi tireremo diritto, L'Italia avrà il suo posto al sole, Taci il nemico ti ascolta, ecc. (Ma ormai quelle scritte erano inchiodate nella memoria di tutti, per troppo tempo le avevano lette sui muri del paese). Chiesi a qualcuno, che non ricordo, chi fossero quei nomi, e mi rispose che erano dei capi russi comunisti. Non capii allora il significato. Ma mi venne da pensare cosa ci entrassero quei nomi stranieri così strani, in un paese lontano come Ciro'.
La lotta politica a Ciro' nei primi anni di formazione dei partiti politici dopo il fascismo visse un momento drammatico che mi è rimasto nella memoria.
Successe in piazza Mavilia. Era in corso una manifestazione comunista, non ricordo per quale ricorrenza, che prevedeva un corteo con bandiere da San Giovanni a Mavilia. Quel giorno era anche previsto, in piazza davanti alla Chiesa Madre, un comizio di Roberto Lucifero, della omonima famiglia di Crotone, del partito monarchico, candidato al Senato. Il Lucifero veniva a Ciro' con alcune macchine di scorta piene di persone. A Mavilia incontrarono la manifestazione comunista con bandiere rosse e gli scherani del Lucifero li aggredirono in modo violento. Lo scontro era inevitabile. Furono botte. Il corteo comunista si sciolse e molti tornarono a casa a farsi medicare. Il comizio di Lucifero si tenne lo stesso in piazza, su un palchetto circondato dagli scherani. Poca era la gente che ascoltava. Ricordo ancora i tratti del viso di quell'uomo e la scena delle violenze. E nonostante fossi un ragazzo mi venne da fare una considerazione: come faceva quella persona a cercare consensi usando la violenza.
La conquista delle terre incolte
I miei ricordi non sono abbastanza completi dopo così tanto tempo; allora ero un ragazzo, erano gli anni '40, frequentavo la scuola, forse la media. Il periodo è quello che portò poi ai tragici fatti di Melissa, ben raccontati in un libro di Leonida Repaci. Non posso dire come e quando furono prese la decisioni di invadere le terre. Ricordo che in un certo periodo, nelle campagne comparvero dei fuochi. Erano gli occupanti che bruciavano montagne di sterpaglia. I terreni erano terre incolte di proprietà dei signori di Ciro'. Comparvero a Ciro' anche tanti carabinieri. A Ciro' c'era allora la caserma con un maresciallo comandante e alcuni carabinieri i quali partecipavano alle spedizioni contro gli occupanti. Vennero anche reparti di polizia. Fu dal racconto di quel maresciallo che seppi dei morti di Melissa. Lo raccontava in piazza ad un gruppo di persone. Era un tipo alto e magro col viso scavato, col vestito color cachi. Si capiva che era angosciato. La gente viveva quei momenti con molta preoccupazione, ma c'era la giusta richiesta di terre per lavorare. I giovani che avevano fatto la guerra cominciavano a tornare. I contadini allora si accontentavano di un pezzo di terra da coltivare a grano o fave, per la famiglia, per avere almeno il pane. Dall'altra parte c'era una società avara, di mentalità medievale che considerava la gente alla stregua dei servi. I proprietari delle terre usavano la polizia e i carabinieri anziché dare la terra in affitto.
Dopo i fatti di Melissa, nella pretura di Ciro' si svolse per diverso tempo una specie di udienza dei proprietari di terre. Non ricordo per quanto tempo durò quella strana udienza, in cui da una parte, al posto del pretore, c'erano dei personaggi per me sconosciuti, uno di questi che non era di Ciro', si chiamava Miceli ed era un dirigente comunista, ricordo anche un’altra persona, un uomo alto e magro coi capelli biondi,  seppi dopo che era un alto dirigente comunista, si chiamava Mario Alicata, divenuto poi uno dei grandi direttori dell’Unità, il giornale del Partito Comunista; e dall'altra al posto dei testimoni c'erano i proprietari dei terreni occupati. Il pubblico erano i contadini interessati e i curiosi. Ricordo una persona, uno dei padroni delle terre, che veniva da Roma, un signore dall'aria cittadina, ben vestito e molto educato, si trovava in imbarazzo quando gli chiedevano se era disposto a cedere in affitto la terre di certe contrade che lui non ricordava. Da quanto si poteva capire, si trattava di terre incolte, al massimo utilizzate come terreni di pascolo o di caccia frequentati dai cacciatori di Ciro'. Sta di fatto che la situazione era emblematica. Forse per la prima volta nella storia del paese, i contadini costringevano i padroni a cedere la terre. Sulla cui proprietà di certe contrade, fra l'altro, c'erano dei dubbi: circolavano sempre le voci secondo le quali nei periodi storici precedenti ci sarebbe stata l’appropriazione delle terre demaniali da parte di coloro che si sono succeduti nel tempo nella amministrazione del Comune.
La Coperativa Colcos
Naturalmente, finita la guerra, il Dopolavoro fascista divenne la Coperativa, un ritrovo per tutti con cinema, bigliardo, un banco per il bar, tanti tavoli per giocare a carte. Alcuni personaggi, tra questi alcuni impiegati e insegnanti, che ricordo vestiti da fascisti nelle parate che si facevano in piazza, divennero dirigenti comunisti.
In quell'epoca noi ragazzi dopo la scuola eravamo sempre in piazza e la Coperativa era un punto di riferimento. A distanza di tempo capii che la Coperativa, che si chiamava Colcos, altro non era che il tentativo di imitare le cooperative dei bolscevichi sovietici, appunto i Colcos, che si sintetizzava nel detto: la terra ai contadini. C'era il tentativo, non so quanto riuscito e per quanto tempo, di gestire l'affitto delle terre assegnate ai contadini a seguito degli accordi intervenuti dopo i fatti di Melissa che avevano tragicamente fatto mutare il clima politico.
L'assegnazione delle terre o di una parte di esse mi vide ancora testimone. Una domenica ci fu una riunione di contadini che doveva assegnare le quote. Mi trovavo nella Coperativa assieme a mio padre. Non ricordo quante fossero le quote da assegnare, certamente alcune decine. C'era anche mio padre tra i probabili assegnatari. Fecero i bigliettini, qualcuno mi sollevò e mi mise in piedi sul tavolo e mi dissero di tirare i bigliettini coi nomi collocati in un cappello. Evidentemente non ce n'era per tutti. Mio padre a un certo punto, eravamo quasi alla fine, mi tirò per i pantaloncini, visto che il suo nome tardava, mi disse di tirare il mio. Dovette aspettare ancora un po', poi il suo viso tornò sereno.
La Coperativa Colcos aveva la sede in un locale, che era una sola stanza a piano terra, in piazza San Giovanni. Lì si ritrovavano i soci, alcuni dei quali erano del partito comunista, che erano dei contadini. Una volta ho visto in un angolo della stanza un mucchio di grano che probabilmente era il pedaggio dell'affitto delle terre. Ho assistito per caso ad una riunione molto affollata: ricordo solo che due persone si litigavano per la carica sociale di sindaco della Coperativa. Le persone che hanno retto le cariche della Coperativa non le ricordo. Ricordo solo una persona, uno dei capi, di cui non ricordo più il nome, che, in un momento particolare, offrì il suo libretto di risparmio ad uno dei soci, che non accettò, perché aveva capito che era un sacrificio per la sua famiglia. Il socio gli aveva confidato che aveva bisogno di soldi per coltivare la terra, che la banca gli negava, per cui era costretto a chiederli a un ricco del paese che aveva il “castelletto”, così dicevano, al Banco di Napoli, la banca del paese, e anticipava i soldi a chi li chiedeva, da avere poi con gli interessi alla vendemmia o alla raccolta del grano. Questo voleva anche dire che al momento del voto, per le politiche o per il Comune, doveva rispondere al favore che gli veniva concesso, votando per lui o alla sua parte politica.
La vita della Coperativa non ebbe più storia, almeno credo.
Voglio sperare che queste poche note possano avere un seguito, un ricordo di qualcuno dei protagonisti, qualche precisazione e, perché no, qualche critica o smentita, per riempire i vuoti di questa pagina di storia.