Mestieri

u Cacchivu e zu Nton'e Colicchiu

u Cacchivu e zu Nton'e Colicchiu
(u formaggiu, a ricotta, a mpanata)
(di Saverio De Bartolo )
 
La famiglia Colicchio aveva la casa alla Cacovia, possedeva greggi di capre, pecore,  bovini e terreni dalla parte della strada che va verso Umbriatico. In quella zona le greggi e gli armenti pascolavano e alla sera venivano rinchiusi negli stazzi. Tutti i prodotti del latte venivano fatti in loco e trasportati poi in paese per la cura. Avevano un magazzino poco lontano della casa dove venivano curati i formaggi da uno della famiglia. Avevano anche una macelleria in piazza, poco distante da piazza Mavilia. Alcuni di famiglia facevano i macellai. Anche zu Nton'e Colicchiu, faceva il macellaio, e non soltanto. Infatti curava anche un gregge di capre, che alla sera rinchiudeva nella curtina vicino a casa. Mungeva le capre, dava il latte ai clienti del posto, col latte munto faceva il formaggio e la ricotta.
Il posto dove operava era una casetta poco lontano da casa, dove aveva tutta l’attrezzatura. La parte più importante era u Cacchivu, la caldaia dove si lavora il latte per fare il formaggio e la  ricotta.
Zu Nton'e Colicchiu era un vero maestro del formaggio e della ricotta. Per i ragazzi della Cacovia alla sera era lo spettacolo prima di cena.
Dopo avere munto le capre nta curtina, Zu Ntonu portava il latte nel locale lo versava nella caldaia, aggiungeva il caglio che aveva stemperato con acqua calda, e scaldava col fuoco a legna. Agitava con un gran mestolo e da lì a poco compariva una grossa palla bianca di formaggio che fatto a pezzi ficcava nti fisceddi del formaggio. Continuava a scaldare e compariva sulla superficie della caldaia uno strato di schiuma bianca che era poi la ricotta. Scolmata con una sessola di legno ne riempiva le fiscelle della ricotte. Ce n'era anche da assaggiare.
Restava un liquido biancastro (u seru), il siero, che veniva accantonato per i maiali. Tranne che per una occasione importante: a mpanata!   
La preparazione della mpanata si faceva tagliando delle fette di pane di grano duro in una grande scodella di legno dove venivano ammorbidite col siero bollente. Una volta preparata la poltiglia di pane su di essa si versava la ricotta appena preparata. Si mescolava con un cucchiaio di legno (solo legno, niente metallo), si aggiungeva una quantità enorme di zucchero e poi, infine, si versava cognac in abbondanza. Gran mescolata finale poi con i cucchiai di legno si faceva onore alla preparazione. Si racconta che tra giovani cirotani si faceva a gara a chi ne ingoiava di più. La mpanata metteva a dura prova gli stomaci più capaci.